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Bruno si torse leggermente le dita mentre avanzava a piccoli passi verso il suo spazio per le visioni. Anche se era passato un po' di tempo dalla ricostruzione della casa, per lui quell'estensione che costeggiava la sua camera rimaneva poco conosciuto, perché lo utilizzava di rado. Non più visioni su questioni complicate o che avrebbero dato adito a esiti ancora più vaghi di quanto non fosse un futuro ignoto. Solo cose semplici, come previsioni meteorologiche – Pepa permettendo – o per ritrovare oggetti non localizzati.
Era da tempo che non si cimentava nel profetizzare qualcosa di importante per la vita di qualcuno. Ma doveva farlo, specialmente perché era un caso in cui la vita coinvolta in primo piano era la propria.
Chiuse gli occhi, brevemente, ripassò quello che nei giorni, nelle settimane il suo cervello aveva assorbito, portandolo ad affacciarsi in quella stanza dove i rumori quotidiani erano pesantemente attutiti per consentirgli la concentrazione necessaria.
Gli sguardi, gli sfioramenti, i sorrisi. La mano ora sul braccio, ora sulla spalla, a scostare una ciocca dal viso. Quell'accenno di speranza che aveva voluto ignorare, ma che aveva nitidamente in testa.
Bruno passeggiò avanti e indietro più volte, canticchiando le filastrocche che non fallivano di manifestarsi nella sua mente, un mix di ritornelli dell'infanzia, qualche canto popolare, forse anche sigle di pubblicità alla radio.
Respirò profondamente e percorse i passi del suo rituale con calma estrema. Non doveva né poteva rischiare di sbagliare.
Lui vedeva il futuro e questo si sarebbe avverato in ogni caso, anche se potevano rimanere sconosciuti il contesto o i contorni di ciò che avrebbe circondato la scena della sua visione. Ma si sarebbe realizzata, senza dubbio. Che fosse un bene o un male, non poteva saperlo.
Poteva tirarsi indietro, ma riuscì a farsi strada tra le tante voci che nei suoi ricordi si lamentavano per una sua rivelazione, e i sussurri dietro a ogni angolo che non lo chiamavano neanche più per nome, usando solo epiteti umilianti e derisori. Già in passato i colori variopinti di ciò che gli stava intorno si erano stinti, e tutto aveva assunto una tonalità grigia, tendente al nero, per colpa del suo potere. Voleva dargli ancora la capacità di ferirlo?
Ma doveva...doveva proprio.
Chiuse gli occhi.
Gli sguardi, gli sfioramenti, i sorrisi.
Non guardò subito, anche se il vento si agitava, fischiando, invocando la sua attenzione.
Stava scoppiando il temporale, fuori da lì? O era il suo stomaco annodato a dargli sensazione che lo offuscavano? Le folate sferzavano e non poteva più trascurarle.
Gli occhi dall'innaturale verde si decisero a osservare quello che la sorte aveva in serbo.
Trattenne il fiato senza rendersene conto, i rumori del vento parvero diminuire, ma aumentò il battito che avvertì martellante nelle orecchie.
Assistette in silenzio, come al cinema, perché una volta finito il film le luci si sarebbero accese e si sarebbe accorto che nulla di ciò che aveva visto era reale.
C'erano lui e Camilo seduti sul divano che Bruno aveva voluto in camera sua per mettersi comodo, anche sdraiandosi, davanti alla tv. Una morbida coperta era adagiata sulle spalle di entrambi, la sera poteva fare un po' fresco.
Bruno non vedeva ciò che lo schermo trasmetteva, ma il viso di Camilo sì...così come il suo sguardo che talvolta si distoglieva dal film o puntata e si spostava rapidamente sul volto di Bruno, assorto; allora Camilo sembrava sorridere più ampiamente e mordersi appena il labbro. Si stringeva la coperta addosso, avvicinandosi a Bruno, cercando di non farsi beccare.
Un piccolo turbine passò a un diverso momento. I loro visi erano tremendamente vicini, in un istante inequivocabile. Le loro labbra si sfioravano ed era una visione abbastanza comica, perché nessuno osava muovere le mani, finché non lo fece Camilo, che lentamente gli cinse il collo con le braccia. Quelle di Bruno si azzardarono a stringere il suo corpo snello e...non c'era niente di familiare né innocente nel modo in cui le sue dita toccarono la pelle dei fianchi.
Bruno vide Camilo scostarsi, stupito. Non sentiva le parole, ma il se stesso futuro sembrò scusarsi, certo di avere esagerato. Subito Camilo sorrise e Bruno non poté fingere che non gli strattonò il cuore nella maniera più dolorosamente piacevole. Camilo scosse il capo, riprese a baciarlo, le mani del Bruno futuro tornarono dov'erano, risalirono...
La tempesta di sabbia celò il resto e Bruno si destò come da un sogno. Ma la realtà era incisa nella tavola verde che si concretizzò fra le sue mani.
Era il tipo di bacio di cui una coppia normale avrebbe realizzato una gigantografia per appenderla sopra il letto che avrebbero condiviso. E loro non erano una coppia normale. Non potevano affatto essere una coppia.
Avrebbe potuto decidere di sparire, di fare i bagagli e trovare il mezzo più veloce per precipitarsi dall'altra parte del globo. Sapeva che era inutile. Inoltre, per quanto avesse appena rivelato una prospettiva potenzialmente catastrofica, era stranamente tutt'altro che terrorizzato.
Fissando l'immagine tra le mani, era più sollevato che raccapricciato. Molto, davvero assurdo. Ma Camilo sembrava così felice...era lui che voleva? Camilo voleva davvero lui?
Sapeva che avrebbe dovuto frantumare quella tavola, in ancora più pezzi di quanto fatto in precedenza, ma il solo pensiero lo faceva soffrire.
Era quello il suo destino? A condividere sguardi, sfioramenti, sorrisi, nascondendosi ancora, anche se in modo diverso dal passato?
Per la prima volta Bruno non aveva voglia di scappare davanti a una verità inopportuna, scomoda, spaventosa.
Non voleva andarsene.
Non voleva abbandonare la sua famiglia.
Non voleva lasciare Camilo.
Bruno si accasciò, tenendo il frutto del suo dono come l'opera d'arte più preziosa. Doveva nasconderla più che bene.
Dopo qualche minuto, o forse era passata più di un'ora, non sapeva dirlo, Bruno si alzò. Andò a depositare la tavoletta sotto il materasso, appuntandosi di trovare un punto migliore.
Dirigendosi alla porta, il suo sguardo cadde sul divanetto davanti alla tv. La coperta era ben piegata su un bracciolo.
Uscì, ricordandosi di respirare regolarmente; Antonio gli passò davanti, correndo dietro a un paio di tucani, poi un delicato profumo che Bruno aveva inconsciamente registrato meglio di altri preannunciò la presenza di Camilo. Non aveva bisogno di visioni per sapere quando si avvicinava.
"Zio! Tutto bene? Hai fatto un riposino?" chiese il ragazzo.
"Ehm...ci ho provato, ma non mi veniva sonno"
"Forse avresti fatto meglio, ricordi la maratona di episodi per questa sera?" aggiunse con un gran sorriso.
"Avevamo deciso per stasera?"
L'allegria di Camilo si incrinò all'istante. Ebbe l'effetto di una nuvola scura di Pepa. Bruno non era sicuro di amare troppo avere tanta influenza sul suo umore.
"Sì, lo avevi scordato? O non ti senti bene? O se non ti va più..."
Bruno notò il grande sforzo che Camilo faceva per trattenere la delusione. Nelle confuse emozioni che si stavano alternando in lui, di sicuro riconosceva che odiava vederlo rattristato.
"Mi era sfuggito di mente, l'età avanza" ridacchiò, dandosi un colpetto sulla tempia.
"Allora ci stai? Dopo cena?" c'era così tanta apprensione e aspettativa nel suo tono...Bruno trovò faticoso impedirsi di prendergli la mano per tranquillizzarlo.
Loro due, sul divano, con la coperta morbida, da soli...
"Sì. Certo" confermò.
Il sole tornò sul viso di Camilo, la sua mano sfiorò gentilmente la stoffa verde di Bruno, forse per rimuovere un filo scappato alla cucitura, forse perché voleva semplicemente un contatto.
I suoi begli occhi castani guardarono quelli dello zio, con i denti si stuzzicò per un istante il labbro inferiore.
"Sono contento. A dopo" sembrò indeciso sul dire o fare altro, ma scelse di allontanarsi.
Bruno si appoggiò un momento contro la porta. Aveva il batticuore come un adolescente che sapeva troppo bene di non essere più. Si sentiva così in subbuglio e aggrovigliato, come incastrato in un gomitolo composto da fili che dominavano tutte le emozioni, e bastava poco per innescarle, anche tutte insieme.
Aveva paura, sì. Non sarebbe fuggito, però, non da quegli sguardi, sfioramenti, sorrisi.
Per la prima volta avrebbe soffocato i timori davanti a qualcosa che riteneva bello e prezioso...e lo voleva per sé. Malgrado tutto.
Per la prima volta aveva l'impressione di poter toccare, assaporare, odorare quanto di più simile e vicino alla felicità.
Guardò verso la parte esterna, non c'era alcun temporale. Nessuna nuvola stava oscurando il sole, quel giorno.