Chapter 1: 00 - Intro
Chapter Text
*** Neutral POV ***
Cybertron, diversi eoni fa...
Bella come una dea, forte come un uomo. Primus l’aveva concepita così la prima donna Cybertroniana mortale. A prima vista, era come tutte le sue controparti maschili, ma lei era speciale: era fanciulla e donna allo stesso tempo, con una voce che tanto seduceva quanto commoveva i cuori e le menti di chi l’ascoltava. Gli Originali Tredici le donarono mille doni, come una Pandora cibernetica, a condizione che l’uomo che l’avrebbe conquistata non fosse uno qualunque. Lo sancì il suo stesso nome: Elita One, cioè “La Prescelta”, perché il Fato aveva in serbo per lei nientemeno che un figlio della divina e leggendaria Dinastia dei Prime.
Anche se non ne aveva i connotati, il giorno in cui la purpurea Elita si era presentata al suo cospetto insieme alle sue sorelle – due delle molte altre donne nate dopo di lei. Ne era la Matriarca, che corrispondeva al grado di Comandante per gli uomini, così come le donne guerriere si facevano chiamare “Amazzoni”... per cui era inevitabile che la loro leader fosse ribattezzata, appunto, Regina delle Amazzoni!
Però... niente male, questo comandante: un uomo forte e spinto dalla passione in tutto quello che faceva... ecco come si era presentato! Ma quando incrociarono i loro rispettivi sguardi, la Matriarca aveva carpito che dietro a quei grandi occhi cerulei così fieri nascondevano in realtà una solitudine schiacciante che lo divorava e lo avvolgeva come una corazza... che solo una donna degna l’avrebbe spezzata.
— Matrona Chromia. Tu chi sei? – si presentò la tenente di Elita, quella colorata di blu.
— La ragazza meno rude è Arcee, la nostra “piccolina”. – disse quest’ultima, riferendosi alla più giovane del trio, quella con la corazza rosa-magenta: — Sono stata affidata a te, signore...?
— Orion Pax. – rispose l’altro, magnanimo e umile – Tuttavia, con me non servono queste formalità... in fondo, siamo tutti compagni.
La Matriarca arrossì, c’era molto più di quello che si vedeva in lui. Si era aspettata l’ennesimo maschio strafottente e dallo sguardo infiammato dal suo aspetto sinuoso, invece ella ricevette una sincera accoglienza e qualcosa di più profondo che stava oscurando il cielo purissimo dei suoi occhi. Orion Pax aveva quindi presentato le tre sorelle ai suoi colleghi, con la raccomandazione di trattarle come loro pari.
Durante la sua permanenza nella cosiddetta Divisione Scientifica, Elita fu sorpresa dallo sguardo di profondo rispetto generale verso quel ragazzo apparentemente venuto dal nulla: dicevano che fosse una specie di erede di qualche nobile stirpe, che avesse portamenti degni di un cavaliere, ma tutti concordarono che era il figlio minore del grande capo Sentinel Prime e che il Lord Alto Protettore in persona era suo fratello. Poi, qualche anno dopo, un giorno la Matriarca aveva di nuovo incrociato i suoi occhi e nel momento in cui Orion si era voltato verso di lei...
Ecco cos’era quel velo che minacciava la bellezza di quelle stelle: malinconia. Un’amara e profonda solitudine che il ragazzo si portava addosso, spegnendo un po’ del fascino di quel sorriso che le aveva rivolto tempo prima. E anche una piccola luce che avrebbe cambiato per sempre la vita di entrambi, di quelle da cui lo stesso Orion fuggiva ed esitava di accoglierla nel profondo della sua Scintilla.
All’epoca gli scienziati avevano appena riportato alla luce una reliquia misteriosa chiamata AllSpark, un enorme cubo da cui si narrava che provenissero tutti i Transformer... quindi era impossibile fasciarsi la testa per quel genere di cose. Ma allora Orion doveva confessare alla buona e magnifica Regina delle Amazzoni che cosa gli passasse per la testa? No, doveva essere molto stupido per mettersi in ridicolo davanti ai suoi compagni e lui aveva una reputazione da rispettare. Se l’avesse fatto, sarebbe apparso un debole agli occhi degli altri e un tale livello di confidenza non era tollerato tra i ranghi.
Forse era meglio nascondere tutto dentro, sperando che fosse solo un sentimento passeggero? No, peggio ancora! Lo avrebbe divorato dall’interno: se quella luce lo stava davvero chiamando, perché opporsi al volere del Fato? Sì, Orion in futuro se ne sarebbe pentito pesantemente e avrebbe percepito solo un pugno sullo stomaco e la sensazione di voler solo fare un bel respiro e buttar fuori le sue vere emozioni, se ne avesse avuta l’occasione.
E così fece. Nell’arco di una settimana dapprima Orion venne a sapere che le voci secondo cui era “speciale” erano vere analizzando frammenti di antiche reliquie rivenute nel tempio di Simfur, che a sorpresa corrispondevano ai tatuaggi sul corpo – e in particolare sul volto – dello stesso Orion. Poi, non potendo più rifiutare il richiamo della luce, si appartò con Elita e finalmente le rivelò che cosa gli stava succedendo: certo, le piaceva la sua compagnia, era una donna forte e misericordiosa con una grande passione per la vita, fino a quando la sua regalità crollò e cominciò a tremare nervosamente. Si era, insomma, innamorato di lei.
Sorpresa? Beh, eccome se lo era. Orion non era famoso per provare un profondo attaccamento emotivo nei confronti di chiunque non fosse sangue del suo sangue, né per essere una creatura estroversa quanto lo era Elita. Grazie ai Tredici ella ricambiò i suoi sentimenti, facendo tirare al ragazzo un bel sospiro di sollievo, come se si fosse appena liberato di un enorme peso dalle spalle.
Da quel giorno Orion Pax sparì e al suo posto non c’era più il timido e umile ragazzo che si nascondeva dietro pile di libri e computer. Da quel giorno era nato un nome che avrebbe stravolto gli eventi futuri. Da quel giorno tutti lo chiamarono... Optimus Prime, figlio della Dinastia dei Prime e consorte della Regina delle Amazzoni.
***
Peccato che il loro “matrimonio” fosse celebrato nelle pagine più buie della storia di Cybertron: l’amato fratello maggiore Megatron fu consumato dalla brama di potere e fu corrotto e istigato dal suo vero padre, un antichissimo Prime caduto in disgrazia – il suo obiettivo era impossessarsi di Cybertron. A malincuore Optimus Prime dovette radunare un pugno di volontari tra scienziati e guerrieri, tra uomini e donne di ogni ceto sociale, tra veterani e ragazzi... tutti sotto lo stendardo degli Autobot, e tutti determinati a intraprendere un’eroica resistenza seppur inferiori in armi e mezzi rispetto all’altro esercito, i Decepticon.
C’erano momenti in cui il Comandante perdeva il controllo delle proprie emozioni e si chiudeva nella sua corazza di malinconia e tristezza ripensando a cosa diavolo aveva fatto l’Oscurità per avvelenare la Scintilla del fratello e un po’ si sentiva un vigliacco a scappare nella sua stanza a piangere di nascosto, ma allo stesso tempo lo rassicurava: Almeno ho dei sentimenti e non sono un mostro come Megatron. – pensò tra sé.
A proposito di sentimenti... tutta questa responsabilità di leader e di Prime, nonché lo sforzo di rispettare la propria reputazione, lo avevano quasi fatto dimenticare di trascorrere del tempo libero con la donna della sua vita. Elita One in cuor suo sapeva che Optimus doveva fare il possibile per essere il grande leader che gli Autobot si aspettavano ma non doveva mai farsi troppo coinvolgere dai tipici obblighi e doveri o avrebbe perso il senno come aveva già fatto Megatron prima di lui.
Aveva solo bisogno di amore e supporto, ma anche di rilassarsi di tanto in tanto.
No... c’era una guerra in corso e non dovevano distrarsi... ma gli Autobot sono famosi per essere delle creature dotate di un “cuore”, anche se assomigliava più a un’anima. Finalmente, dopo le insistenze degli amici (Ironhide e Jazz sapevano essere molto persuasivi!), Optimus dedicò anima e corpo anche alla famiglia: era incredibile quanto quel generale cibernetico, capace di spaccare teste di nemici o con un’ascia o con un fucile, fosse così dolce e affettuoso con l’altrettanto zelante Matriarca. Un uomo devoto, tenero e misericordioso che l’avrebbe genuinamente amata con tutto il suo cuore, perché aveva giurato a Primus e agli Originali Tredici che sarebbero rimasti Compagni di Spark fino all’amara fine.
Dall’altra parte Elita gli era equamente amorevole nell’incoraggiarlo nel momento del bisogno, e anche a aiutarlo a elaborare strategie di battaglia e tenere in riga gli Autobot più cocciuti – tanto che espresse il desiderio di essere eletta vicecomandante degli Autobot stessi al pari di Jazz. Inoltre, quest’ultimo e pochi altri spesso notarono le continue e discrete dimostrazioni di affetto tra il Comandante e la Matriarca, per esempio tenendosi per mano, sfiorandole la fronte con la sua, un braccio sulla spalla o attorno alla vita, e addirittura aveva visto Prime allungarsi verso di lei e stringerla in un caldo abbraccio. Oppure, quando stava per partire per una missione, sia per conquistare un’area strategica o per ottenere una risorsa particolare, egli si voltava verso di lei sussurrandole parole rassicuranti come: «Se non dovessi tornare, sappi che ti amo». I rari momenti in cui si baciavano.
Fu allora che Elita One capì che il suo amato marito aveva bisogno di un’ulteriore luce che avrebbe illuminato le sue ore più buie.
Quando, una sera, si erano appartati nei loro alloggi, Optimus sapeva già cosa stava per dire la Matriarca ancora prima che aprisse bocca. Così come egli sapeva che era solo questione di tempo prima che ella desse finalmente voce ai suoi pensieri... e in tutta onestà fu sorpreso che non fosse venuta da lui prima.
— Vorrei tanto avere un bambino.
— Pensavo avessimo concordato di aspettare la fine della guerra prima di averne uno.
— Ma è una promessa di molto tempo fa! Sto iniziando a credere che questa guerra non avrà mai fine.
— Finirà, invece. – le giurò il suo uomo – Non sarebbe sicuro per noi avere un figlio adesso. Potrebbe diventare un’altra vittima e crescere circondato dalla guerra. Io non voglio questo per la nostra famiglia: voglio che i nostri figli possano avere l’onore di vivere in pace e sereni. Dobbiamo aspettare.
— E cosa? Che uno di noi muoia? Per la Dea, Orion! E se non potremmo avere figli anche dopo la guerra? E se tu morissi? O se io morissi! Io non...
Il Comandante la fissò sorpreso un momento prima di avvicinarsi a lei e abbracciarla stretta. Egli comprendeva la sua preoccupazione che uno di loro potesse morire prima della fine della guerra e sapeva che esisteva una possibilità che potesse accadere. Stesso discorso per il bambino, quando e se ne avessero avuto uno; e poi i Decepticon avrebbero potuto ucciderli entrambi per arrivare a lui.
— Non accadrà. – le disse con gentilezza.
— Non puoi saperlo! – sussurrò lei – Non si può controllare il Fato!
— Megatron potrebbe uccidere il piccolo.
— Conosco tutti i rischi che comportano avere un figlio, ma pensa ai benefici. So quanto hai sempre voluto diventare padre... e voler vedere un mini-Optimus che corre allegro per la base.
— Un mini-Optimus? Come fai a essere sicura che non possa essere una mini-Elita?
— Lo so e basta. Allora, avremo un bambino o no?
— E tu credi davvero che sia una buona idea?
Nessuna risposta. I due Comandanti si chiusero nel loro piccolo angolo di pace isolandosi dal resto del mondo, come la porta chiusa a chiave e gli emettitori sonori spenti alle finestre – anche le luci furono abbassate, creando così un’atmosfera rilassante. Questa era l’idea di intimità per Optimus: un luogo in cui distendersi e lasciarsi trasportare dall’ondata di benessere e piacere emessa dalla loro giovane Connessione Neurale. Forse Prime era l’essere fisicamente più potente tra tutti gli Autobot, ma sapeva bene che non era nella sua natura abusare dei propri muscoli per un vantaggio personale... e il discorso valeva anche nell’amore!
Insomma, egli era l’ennesimo gigante buono, un bonaccione, delicatissimo come una nuvola e felice di concedersi almeno per una sera il privilegio di essere se stesso. Seppur un po’ peccaminoso, visto quello che si accingeva a fare – e chi mai avrebbe immaginato che dietro agli occhi iridescenti della sua bella sposa si nascondeva un’anima altrettanto lussuriosa? Beh, non al cento percento, perché Optimus non era mai stato quel genere di Bot.
Elita accarezzò il viso del Comandante, come aveva desiderato fare mille volte, e prima che potessero fermarla gli sfiorò le labbra con le sue. Optimus s’irrigidì prima di ricambiare, come se sognasse da eoni di farlo. La sua lingua massaggiò dolcemente quella della Matriarca, strappandole un sospiro di sorpresa, e le sue labbra tiepide si fecero decise e disperate mentre chiudeva gli occhi.
Tuttavia, durò un istante e Optimus si staccò altrettanto velocemente: — Sono il tuo Comandante... – sussurrò con voce profonda.
Ma Elita lo ignorò e premette nuovamente le labbra sulle sue: quella donna riusciva sempre a persuaderlo, e Prime fu costretto ad accontentarla. Egli si trovò così a stringere il suo corpo con le sue ampie e possenti braccia, e a desiderare di poter accavallare le gambe attorno alle sue e a spingersi in lei come aveva fatto più di una volta nei suoi sogni... solo che questa volta era la realtà, così come era reale quel piacere idilliaco che sentivano reciprocamente al momento della fusione delle loro Scintille.
Fu il principio di ciò che i Cybertroniani chiamavano “interfacciamento”.
E come le anime degli sposi cibernetici erano fuse insieme, così anche i loro corpi si fusero in una sola carne metallica, in un ammasso uniforme di cavi e pezzi di corazza, spogliati ormai delle loro identità di leader ed eroi del loro mondo in pezzi. Tuttavia, nel momento in cui lui tentò di aprire gli occhi per ammirare quella bellissima creatura che aveva sposato, Elita glieli chiuse delicatamente, mentre le sue mani scendevano verso il petto e i muscoli. Un gemito di desiderio attraversò le loro labbra unite, e Optimus approfondiva il bacio con la lingua intrecciata a quella di lei.
Alla fine, quando quella notte di passione finì, e quando l’unità tornò a essere due, Prime le sussurrò un veloce Ti amo prima di scivolare nel regno dei sogni, stringendosi e accoccolandosi in modo protettivo attorno a lei. Era sua, così come il loro futuro figlio, e non avrebbe permesso che i Decepticon glieli portassero via.
***
Poiché Elita One era troppo minuta per contenere l’energia vitale di due individui, Optimus Prime pregò Primus perché fosse lui il corpo che avrebbe ultimato la “gestazione” della nuova Scintilla – nel suo petto c’era abbastanza spazio e le sue membra erano molto più resistenti grazie a una stazza e una massa maggiori. Sul campo, così, portava nel cuore non solo un pensiero all’amata ma anche al bambino che cresceva dentro di sé. Non era una gravidanza al maschile, semplicemente dell’individuo in sé esisteva solo l’anima, mentre il corpo fisico si stava sviluppando altrove, nelle camere di incubazione di Cybertron... una specie di nursery, insomma.
Sei mesi dopo, la Scintilla del nuovo Bot era pronta, come Optimus intuì facilmente dalle fitte al torace che sopportò con coraggio. Allora, supportato da Ratchet, il giovane Comandante si recò alle camere di incubazione, dinanzi a file e file di sacche contenenti tanti piccoli Cybertroniani neonati inanimati. L’ufficiale medico ne aveva appena prelevata una, sotto la cui membrana sottile si riusciva a vedere la sagoma di una protoforma immersa nell’Energon puro.
A poco a poco, le piastre pettorali di Optimus si aprirono e la nuova Scintilla fu subito sputata fuori. Era dorata, perché aveva ricevuto molte cure e amore da entrambi i genitori, e galleggiava nell’aria come una lucciola o un fuoco fatuo, fino a farsi attirare dalla protoforma più vicina, mentre gli adulti aspettarono speranzosi che l’una accettasse l’altra senza rigettarla. L’Energon della capsula brillò all’improvviso, nel ricevere nuova vita: Sì, è mio figlio..., sussurrò tra sé Optimus richiudendo il petto, incredulo che una cosa del genere stava succedendo davvero.
Infatti, tutti videro già dei piccoli movimenti da parte del bambino, poi sul guscio cominciarono ad apparire delle crepe, man mano che cercava di uscire. Un secondo calcetto contro la capsula, poi un terzo, e la crepa si allargava sempre più. Al quarto calcetto, fece capolino una manina argentea dal guscio ormai rotto... seguita a breve distanza anche dall’altra manina.
Alla fine, il piccolo fu completamente fuori, cercando di trovare un equilibrio mettendosi a quattro zampe, prima di emettere un debole cinguettio di aiuto. D’istinto Optimus fu il primo ad avvicinarsi a quella creaturina, allungandogli una mano come per prenderlo in braccio; fu allora che padre e figlio incrociarono i loro cerulei sguardi per la prima volta e il giovane Comandante si rifiutò di soddisfare il suo desiderio da genitore in quanto sopraffatto dalle emozioni. Lì grosse e calde lacrime di gioia rigarono il volto di quel gigante rosso di fuoco e blu di zaffiro, tanto da precipitarsi da Ratchet e stringerlo in un insolito abbraccio, ringraziando Primus e i Tredici per avergli dato un bellissimo regalo.
— Cosa ci fai ancora qui? – scherzò l’ufficiale medico – Vai dalla Matriarca per portarle la bella notizia. Nel frattempo, io porterò il bambino in infermeria per alcuni esami, per assicurarmi che è in buona salute.
Optimus era davvero felice, per una volta: era stata una decisione di cui non si sarebbe mai più pentito, una luce nel mondo idilliaco in cui lui ed Elita vivevano. E la Matriarca aveva ragione a credere che i benefici del diventare genitori sarebbero stati di più dei rischi.
Era proprio vero che un figlio poteva cambiare la vita di una persona!
Quando si ricongiunse con Elita in infermeria per conoscerlo di persona, Prime fissò la creaturina distesa sul lettino davanti a lui e alla sua donna, la quale si guardava intorno cercando di capire cosa stava succedendo, allungando le manine verso i due adulti con occhi spalancati dall’emozione.
— Sembra che qualcuno sia ansioso di conoscere il suo papà. – sentenziò Elita, prima di porgere con gentilezza il fagottino al Comandante.
Quest’ultimo fissò suo figlio quasi incantato. Era perfettamente sano e felice, seppur nato da sole poche ore. In tutta la sua vita, Optimus non aveva mai visto niente di tanto piccolo, e anche tanto carino... e l’aveva creato lui, per giunta! Degli occhi azzurri da cucciolo lo guardavano con tanta innocenza e curiosità, riempiendo di gioia e amore il cuore del Comandante. Non desiderava altro che sollevare il bambino dal lettino, ma aveva quasi paura di sfiorarlo – dopotutto, prima di allora, non aveva mai interagito con un bambino, o addirittura prenderlo in braccio. Le sue dimensioni minute fecero impensierire Prime all’idea che anche il minino errore avrebbe potuto ferire quel pupo.
— Tranquillo... non ti morde... – lo incoraggiò la sua donna.
Optimus tirò un profondo sospiro e si decise finalmente di stringere suo figlio per la prima volta: — Sii gentile. – parlò di nuovo Elita – Non gli farai niente se lo prendi in braccio.
Ma quello non le prestò ascolto, ipnotizzato dal sorriso del bimbo; e lì sentì l’aura d’amore dal profondo della Scintilla. Gli accarezzò con gentilezza la testolina, e quando i due si fissarono, a Prime iniziarono a brillare gli occhi.
Poi portò il piccolo vicino al suo viso e proruppe in silenziose lacrime di gioia. La Matriarca ricambiò la sua espressione soddisfatta, godendosi l’immagine dei due uomini della sua vita incontrarsi ufficialmente. Fino a quel giorno erano entrambi preoccupati nel crescere un bambino su un pianeta assediato dalla guerra, ma vedendo il loro figlio adesso, tutta la negatività sembrava svanire. Lui era lì con loro, e tutto il resto non contava.
— Com’è piccolo... – continuava il Comandante, gioendo come un ragazzino.
— Tutti i bambini lo sono. – gli ricordò lei – Mi fa piacere che tu non abbia paura di abbracciarlo senza stritolarlo.
— Adesso però bisognerebbe dargli un nome.
— Hai qualcosa in mente?
Allora Optimus guardò il piccolo, ora tra le braccia della mamma. Poi suggerì: — Ti piace... Bumblebee?
— Uhm... è perfetto. – rispose Elita – Come ci sei arrivato?
— In Cybertroniano significa “la Spia d’Oro”, come il colore della sua fragile pelle metallica.
In quel momento, un pensiero balenò nella mente della Matriarca: — Uhm... credi che possa diventare un Prime quando sarà grande?
— Non lo so. – ammise Optimus calmo – Mio padre era sempre convinto che, semmai avessimo avuto dei figli, avrebbero ereditato i geni della Dinastia. Spero che si fosse sbagliato, però. La grandezza non si ottiene dalla nascita, ma va guadagnata... non augurerei a nessuno il fardello del comando.
— Forse non sarà costretto ad accettarlo. Ne passerà di acqua sotto i ponti prima di esserne sicuri. Prima di allora, non pensiamoci più.
Adesso, infatti, avevano una vera famiglia e non c’era bisogno di rovinare l’incantesimo: — Ciao, Bumblebee! – sussurrò Elita con tenerezza, rivolta al bambino.
— Buongiorno, piccolino. – lo salutò invece suo padre – Ti vogliamo bene. Ti proteggeremo noi, e ti staremo sempre accanto man mano che crescerai.
***
Purtroppo la guerra non guardava in faccia a nessuno, neanche ai bambini! Megatron desiderava, infatti, l’AllSpark per sé e i due schieramenti si fronteggiarono per secoli. Optimus era ostinato a proteggere Cybertron, arrivando perfino a sacrificarsi se ce ne fosse stato il bisogno; era un Bot estremamente generoso e amorevole e quasi sempre si lasciava andare negli scatti d’ira... ma quella maledetta battaglia di Tyger Pax il suo cuore si spezzò in mille pezzi.
Bumblebee aveva l’equivalente di dodici anni umani, addestrato dai fedelissimi primi ufficiali di Optimus nell’educazione psicologica, competenze scolastiche e i fondamenti del combattimento. Ovviamente, rimaneva pur sempre un bambino e non passava pomeriggi che chiedesse a suo padre di giocare un’ora con lui o di raccontargli l’immancabile favola della buonanotte. Quando non si comportava come un bambino, invece, egli era il miglior ricognitore dell’esercito Autobot, agile e veloce come fulmine e abbastanza minuto da strisciare indisturbato in luoghi altrimenti inaccessibili.
A Tyger Pax pioveva a secchiate ed era di un buio fitto da tagliare col coltello. Bumblebee stava difendendo una posizione strategica, permettendo ai suoi compagni di mettere al sicuro l’AllSpark affinché non cadesse nelle mani di Megatron. Lui e i suoi seguaci avevano raggiunto lo sfortunato giovane Bot e lo avevano catturato e torturato fin quasi alla morte, pur senza rivelare i dati in sua conoscenza. Si erano dimostrati dei veri mostri, sadici e bastardi, che non mostrarono alcuna compassione per un bambino.
Ma non furono preparati al ruggito che si innalzò come un improvviso tuono dal fondo del viale.
MEGATRON!
Il diretto interessato guardò in alto, riconoscendo all’istante la voce: di certo Optimus Prime era sulle sue tracce, attraversando i tetti di Tyger Pax a grandi balzi. I soldati cercarono mobilitarsi a fermarlo, ma furono facilmente sopraffatti da un Prime di solito bravo a non lasciarsi accecare dalle emozioni negative... non quella notte.
Fu in quel momento che Megatron capì di aver commesso un grosso errore nel torturare il figlio di un gigante buono. C’era qualcosa in Prime, qualcosa nei suoi occhi che spinse il Signore della Guerra a credere di dover pagare con la sua stessa morte quello che aveva appena fatto... poiché nel volto del Comandante era sparita la sua proverbiale misericordia.
Ma prima, il suo primo pensiero fu il corpo di Bee che giaceva in terra tra i detriti vicini. Lì il mondo idilliaco di Optimus crollò e ciò che vide nell’angolo fu la massa inerte e martoriata del suo bambino. Si inginocchiò lì accanto, con la Scintilla contorta in preda all’orrore. I grandi occhi spenti fissavano il vuoto su un volto mostruosamente sfigurato, la cui mascella e gola erano state letteralmente strappate via. Dalla ferita fuoriusciva Energon ancora fresco, ma dal petto di Optimus si scatenava il panico che aveva sostituito lo shock iniziale.
Non ottenendo risposta ai suoi richiami disperati, sollevò il corpo del giovane Bot e lo strinse delicatamente tra le sue braccia: — Piccolo mio... ti prego, svegliati... papà è qui.
Il silenzio lo fece scoppiare in un pianto come non si era mai visto in un Prime: — Per i Tredici... non lui... non il mio bambino... non può lasciarmi... – singhiozzò il Comandante, cercando nel corpo del minuscolo ricognitore qualsiasi segno di vita.
Poi, ecco il miracolo. Bee emise degli strani gorgoglii e colpi di tosse, facendo congelare Prime sul posto. Un secondo dopo, rieccolo di nuovo, una leggera scarica dalla gola sfigurata... il ragazzo annaspava, ma era vivo. Ciò inondò il Comandante di un nuovo barlume di speranza, che lo spronò a chiamare aiuto a Ratchet e Ironhide affinché trasportassero il ferito in infermeria alla base.
Ma Optimus non si sentiva più lo stesso. Quando si rese conto che il suo paradiso... il suo angolo di luce... era in pericolo e minacciava di cadere in mille pezzi, qualcosa si spezzò nel suo cuore, così come cominciò a vacillare il suo desiderio di far redimere Megatron per garantire la fine della guerra senza ulteriori spargimenti di sangue. Invece, la sua compassione e la sua bontà furono mascherate da un mantello nero di rabbia, rancore, il senso di colpa di aver infranto la promessa di proteggere suo figlio da ogni fonte del Male ma anche di aver fallito come padre.
Ora nella sua testa c’era un solo obiettivo vitale: per vendicare Bumblebee, Megatron doveva morire!
Optimus si lanciò così all’inseguimento del Signore della Guerra, scagliandosi contro di lui più furioso che mai. Neppure i Vehicon furono risparmiati dal turbine di lame da battaglia e ascia infuocata, il cui clamore metallico rimbombava tanto quanto i tuoni della tempesta. Prime era diventato una bestia selvaggia, oscura e malvagia, che si sarebbe placata solo all’estinzione della Scintilla di colui che aveva quasi ucciso il suo bambino.
Megatron accettò volentieri il duello con l’odioso fratellino, e si stava perfino leccando i baffi al pensiero di fare a pezzi un Bot ormai travolto da una marea di emozioni inusuali per una progenie della Dinastia dei Prime: tutto quell’amore e affetto per la famiglia erano solo una debolezza per i veri campioni di Cybertron... guerrieri puri e perfetti del tutto votati alla costruzione di una società migliore!
Il Comandante era pronto a trafiggere con l’ascia il lurido cuore dell’avversario quando riuscì infine a sottometterlo ai suoi piedi. Niente redenzione o perdono, solo l’oblio... solo la morte! Questo si meritava Megatron per aver colpito Optimus nel suo punto debole... o almeno nella più grande fonte dei suoi poteri. Finalmente Bumblebee poteva tornare a essere il bambino sorridente di prima, una volta ucciso il suo carnefice.
Improvvisamente, però, una voce femminile sommersa nel panico e nell’orrore risvegliò il Comandante e lo fermò prima che potesse commettere un autentico omicidio. Quando si girò per guardarsi alle sue spalle, vide l’inconfondibile sagoma di Elita One, messa in allarme dagli altri ufficiali per la scomparsa di Optimus, il quale provò un’enorme vergogna per aver permesso che la vendetta gli avesse oscurato la sua capacità di giudizio, la sua umiltà, il suo senso dell’onore.
Megatron fu così rilasciato e tornò a Kaon per riorganizzare le sue truppe, mentre a nulla valsero le parole di perdono quando Prime si rivolse alla Matriarca per la sua cattiva condotta e per il pessimo esempio che aveva dimostrato nel nome degli Autobot: com’era possibile che il pio e generoso Optimus Prime si fosse appena abbassato al livello di Megatron?!? Elita si dimostrò per la prima volta fredda con lui e lo pregò di tornare a casa, a patto che la lasciasse né la toccasse.
La luce del suo universo si era spenta. Da quel giorno i coniugi cibernetici non si rivolsero più la parola.
***
CONTINUA...
Chapter 2: 01 - Mission City
Summary:
Ho deciso di scrivere questo progetto alternando le voci narranti e le prospettive, che lo indicherò all'inizio di ogni capitolo. Ne è un esempio questa riproduzione in piccolo del Film 2007. Buona lettura... ;)
Chapter Text
Prima dell’alba dei tempi c’era il Cubo. Non sappiamo da dove provenga, sappiamo solo che ha il potere di creare mondi e riempirli di vita.
Fu così che nacque la nostra razza. All’inizio vivemmo in armonia... ma come accade col potere, qualcuno lo voleva per il bene, altri per il male.
E così iniziò la guerra... una guerra che devastò il nostro pianeta, finché fu consumato dalla morte e il Cubo si perse nelle profondità dello spazio. Ci disperdemmo nella galassia sperando di trovarlo e di costruirci una patria.
Esplorammo ogni stella, ogni mondo... e proprio quando ogni speranza sembrava perduta, il messaggio di una nuova scoperta ci attirò su un pianeta sconosciuto chiamato Terra.
Ma era già troppo tardi...
***
*** OPTIMUS PRIME ***
Terra, Anno Terrestre 2007
Mi chiamavano “il Comandante”, poiché mi riconoscevano come leader, la loro guida. Ma come potevo guidarli ora che avevo lasciato che la vendetta mi consumasse? Volevo chiedere aiuto a mio padre Sentinel, o anche a Ironhide e Ratchet, ma la mia Scintilla continuava a subire una fitta dolorosa dopo l’altra. A uno a uno, infatti, i miei famigliari mi stavano evitando o sparivano senza più parlarmi per una ragione o per l’altra: prima il mio amore, Elita, quando assistette al mio duello con Megatron a Tyger Pax; poi mio padre, sparito tra le stelle a bordo della sua Arca con probabilmente la chiave per porre fine alla nostra guerra contro i Decepticon; infine, dovetti a malincuore separarmi da Bumblebee quando gli ordinai di partire per un pianeta remoto e ben nascosto su cui fondare un rifugio per la mia squadra.
Il mio umore, inoltre, non era dei migliori: avevo appena lanciato l’ AllSpark nello spazio perché Megatron non se ne impossessasse, ma così facendo avevo firmato la condanna a morte di tutti noi e, soprattutto, di Cybertron. Non avevamo scelta: dovevano lasciare la nostra casa per sempre! Non avevo il coraggio di salutare Elita, non dopo quello che avevo combinato a Tyger Pax, per cui scelsi di aspettare di ricongiungermi con Bumblebee sul nuovo pianeta insieme a pochi volontari.
Fu così che appresi della Terra e di quanto stava accadendo.
Bumblebee aveva portato a termine della sua missione: ci aveva segnalato un ottimo punto di atterraggio, e aveva inoltre appreso che le coordinate del Cubo erano incise su un vecchio paio di occhiali appartenuto a un ragazzo di nome Sam Witwitcky. Incontrammo lui e la sua amica di scuola Mikaela in un vecchio capannone industriale e lo informai su di noi, della nostra specie e del motivo della nostra venuta sul suo pianeta.
Speravo di aver trovato la reliquia che ci occorreva per recuperare l’ AllSpark , ma evidentemente il mio ottimismo non fu sufficiente: un’organizzazione del Governo specializzata nel paranormale, il Settore Sette , ci trovò e il loro leader Seymour Simmons era tanto eccentrico quanto determinato ad arrestare i nostri nuovi amici umani per essere stati in contatto con... come ci aveva chiamati? Ah, “ Transformer ”... letteralmente “ coloro che si trasformano ”, un nome che gli umani ci avevano attribuito per la nostra abilità di cambiare forma in qualunque momento.
Sam e Mikaela avevano gli occhiali, ma non erano al sicuro... e nemmeno io. Dovetti seminare le auto degli agenti a piedi, in forma robotica, scalando i palazzi e facendomi largo tra le vie trafficate della città. Per un momento li avevo seminati nascondendomi sotto un ponte, finché persi la custodia dei due giovani che stavo straportando sulla spalla. Fu Bumblebee a recuperarli al volo prima che si schiantassero al suolo... e lì la mia Scintilla si spezzò di nuovo.
Non solo l’Agente Simmons riuscì ad arrestare definitivamente i due ragazzi, ma sequestrò anche mio figlio, immobilizzato dai verricelli degli elicotteri e dai getti di azoto liquido degli agenti. Le tenebre in quel momento mi avvolsero implacabili, mentre rimasi lì immobile ad assistere il convoglio del Settore Sette diretto chissà dove. Perché non ero stato capace di fare il Comandante e il padre anche ora che eravamo su un nuovo pianeta? Avevo deluso ancora una volta mio figlio e, più di tutti, me stesso: davvero Megatron aveva ragione nell’asserire che l’amore sarebbe stato il mio tallone d’Achille?
No... Bumblebee... il mio bambino... lasciatelo andare... è innocente... prendete me al mio posto!
A stento trattenni l’istinto di inseguire il convoglio col rischio di essere catturato a mia volta. Sinceramente a me non importava, avevo perso troppe persone a me care e lui era l’ultimo rimasto... non avrei mai accettato il destino di vivere sulla Terra sì circondato dall’affetto dei miei Autobot ma sarebbe stato come se fossi completamente da solo. Non mi piaceva quella sensazione, dovevo essere forte come Comandante anche se non... non...
Grosse, amare lacrime mi rigarono il viso, senza nemmeno accorgermene. Da una parte rimproveravo me stesso nel non essere intervenuto per impedire che il Settore Sette li portasse via; dall’altra sapevo che per liberarli avrei dovuto nuocere agli umani, e non me lo sarei mai perdonato. Inoltre, solo in quel momento mi resi conto che gli occhiali con le coordinate dell’ AllSpark erano scomparsi insieme ai ragazzi... per i Tredici, che disastro... tutta per colpa mia!
Nel frattempo, sentii il motore di alcuni veicoli sopra la mia testa, facendomi sobbalzare. Per fortuna erano veicoli alleati, visto il caratteristico suono della trasformazione; infatti, sporgendomi, notai Jazz – il mio primo luogotenente – arrampicarsi sotto l’impalcatura del ponte e infine raggiungermi. Asciugai le lacrime e mi ricomposi, non volevo farmi vedere debole proprio ora.
— Per fortuna stai bene. – esordì, tirando un profondo sospiro di sollievo – Dove sono i ragazzi?
— Li hanno presi quegli uomini in nero.
— Ora cosa facciamo? Ce ne staremo buoni qui a guardare?
Scendemmo insieme a terra, poi gli risposi: — Non possiamo liberare mio figlio senza fare del male agli umani.
— Ehi, non è giusto!
— Lasciali andare.
Il tenente sospirò: — Non ci voleva questo contrattempo. Ora quelli li mangeranno vivi!
— Non puoi saperlo!
— Beh... sì... forse mi sbaglio, ma... – e si passò una mano sugli occhi prima di proseguire: — Sono solo dei comuni adolescenti, e di certo gli S7 vorrebbero consegnarli ai Federali...
— Non lo farebbero mai.
— Naaah, sei troppo leale verso gli umani, Boss-Bot ! Hai mai letto storie sul loro passato? Non è la prima volta che fanno del male ai loro simili.
— Si sono evoluti da allora. Hanno imparato da quegli errori... me lo sento.
— Anch’io sento qualcosa... puzza di bruciato, però. E adesso Bumblebee è in mano a questo Settore Sette insieme a Sam e Mikaela. La situazione è disperata... dobbiamo intervenire!
— Credimi, lo farei, se ciò non comportasse dover uccidere degli innocenti. Umani innocenti che tu, io, e tutti gli Autobot abbiamo giurato di proteggere.
Avevo appena finito di parlare quando notai uno strano luccichio sull’asfalto. Quando mi chinai per esaminarlo, constatai con gioia che erano gli occhiali del Capitano Witwicky, su cui erano incise le coordinate dell’AllSpark. In un primo momento pensai: per i Tredici, non li ho persi! Di sicuro erano caduti di tasca a Sam durante la caduta, e gli agenti del Settore Sette non ne erano accorti!
— Cos’hai trovato di tanto interessante, lì per terra, Boss-Bot ? – mi chiese un incuriosito Jazz.
Mi voltai mostrandogli il manufatto con un sorriso dipinto in volto: — C’è ancora speranza, infine.
— Hai proprio ragione! – esclamò il mio luogotenente – Siamo di nuovo in partita!
Dentro di me si era riaccesa la fiamma della speranza: grazie a quelle coordinate, avremmo recuperato il Cubo, e con esso anche i nostri amici. Non avrei mai smesso di combattere, poiché Cybertron, Bumblebee, gli Autobot... tutti dipendevano da me. Se avessi fallito, sarebbero caduti insieme a me, e questo non potevo permetterlo; ormai mi ero affezionato alla Terra e ai suoi abitanti... ma avevo una missione da compiere: mi bastava solo scoprire dove di trovasse l’ AllSpark , e la mia patria sarebbe tornata al suo splendore originario, come avevo sempre desiderato.
***
— Ti prego, fa’ che funzioni...
Ero sommerso da emozioni contrastanti. Mio figlio era chissà dove, immobilizzato, e senza alcun indizio su dove trovarlo. Mi faceva male la Scintilla come se fossi io quello torturato con l’azoto liquido, ma allo stesso tempo dovevo restare concentrato sul recupero dell’ AllSpark . Niente emozioni e freddo come il ghiaccio o caloroso e umano? Umano, io? No, ero un Cybertroniano, fatto di metallo vivo e Scintilla, guerriero rosso di fuoco e blu come zaffiro. Avevo addirittura acquisito un motivo a lingue di fuoco al momento della scansione del nuovo camion – che mi rendesse più minaccioso o affascinante era solo questione di punti di vista.
Mi finsi austero e stoico, cercando di contenere il dolore nella mia famiglia perduta, quindi ci rifugiammo presso un osservatorio nel cuore del deserto del Nevada. Avevo gli occhiali del trisavolo di Sam ma anche le coordinate del Cubo; dovevo essere ottimista al riguardo, trovando la reliquia avremmo trovato anche mio figlio. Ma dovevo anche rilassarmi e inviargli un’aura rassicurante per fargli sapere che suo padre lo avrebbe raggiunto presto.
Intanto, secondo gli occhiali di Witwicky, carpii che l’ AllSpark si trovava in una struttura chiamata “Diga di Hoover”, a duecentotrenta miglia dalla nostra attuale posizione. Temevamo che anche i Decepticon fossero sulle sue tracce, pronti a mobilitarsi in caso di necessità. Poi sentii la voce del mio tenente mettermi di nuovo in guardia.
— Non possiamo lasciare morire Bumblebee come una cavia degli umani!
— Sarà morto invano se non completeremo la missione. – intervenni, disattivando lo scanner sugli occhiali – Mio figlio è un ragazzo coraggioso. Questo è ciò che vorrebbe da noi tutti.
— Ma perché combattiamo per salvare questi umani? – intervenne Ironhide, a braccia conserte – Sono così... primitivi! Un branco di violenti...
E qui il mio specialista d’armi si sbagliava di grosso: — Sono una specie giovane, ma ha molto da imparare. Ho visto del buono, in loro... poiché la libertà è un diritto di ogni essere senziente .
Era anche il motivo per cui esisteva un solo modo per porre fine alla nostra guerra: distruggere l’ AllSpark per impedire a Megatron di riconvertire la Terra in una nuova Cybertron. Tuttavia, se volevo assicurarmi che gli Autobot fossero al sicuro – e con loro anche i terrestri – comunicai ai miei compagni che avrei fuso il Cubo con la mia Scintilla qualora non fossi riuscito a fermare mio fratello.
— M-ma... sarebbe un suicidio! – protestò Ratchet, carico di angoscia – Il Cubo è una reliquia potentissima, potrebbe distruggervi entrambi.
— Un sacrificio necessario... per portare la pace su questo mondo. – gli risposi con un certo nervosismo – Non possono essere gli umani a pagare per i nostri errori.
Dentro di me in parte cresceva il desiderio di lasciare questo mondo per non soffrire più. A causa della guerra avevo perso mio fratello, mio padre... e per il mio egoismo e il desiderio di vendetta, anche mia moglie. Ormai provavo un dolore lancinante che faticavo a trattenere, quindi diventare un tutt’uno con l’ AllSpark era la fine perfetta per me: forse questo atto estremo avrebbe migliorato la mia immagine nei confronti di Elita, per dimostrarle che non ero diventato un individuo malvagio come Megatron.
La battaglia finale di Mission City fu la mia occasione di riscattarmi. Nonostante Bonecrusher mi avesse rallentato sulla via verso il centro città, fui abbastanza veloce da salvare Jazz prima che fosse letteralmente spezzato in due da Megatron: i miei compagni stavano fornendo copertura a un pugno di militari umani guidati dal Capitano William Lennox – i pochi superstiti dell’imboscata di Blackout alla loro base in Qatar. Anche il giovane Sam e l’amica Mikaela, appena liberi dalle mani del Settore Sette, furono coinvolti nella battaglia finale; il ragazzo doveva mettere al sicuro l’ AllSpark mentre noi rimanemmo in strada a combattere i seguaci di Megatron.
Fu lì che persi di vista il mio tenente... perché aveva avuto l’idea di distrarre mio fratello e allontanarlo il più possibile dalla reliquia. Quindi mi affrettai ad avvertire il mio tenente di lanciarmi la reliquia e di allontanarsi immediatamente da lì...
― Negativo, Prime. Sono quasi arrivato in cima! – fu la sua risposta, che non mi piacque per niente.
― Jazz! Ritirati, ho detto! È troppo pericoloso! – lo richiamai, già presagendo la sua terribile fine.
Sentivo già la voce di Megatron che si stava avvicinando con la stessa velocità con cui cresceva la mia preoccupazione per il mio compagno. Ma Jazz lo maledisse e continuò la sua scalata, così fiducioso di sé e determinato ad andare fino in fondo. Volevo ancora persuaderlo a tornare indietro, ma lui fu cocciuto. Fu allora che i miei timori si rivelarono fondati: come una falena attratta dalla luce, Megatron lo raggiunse e, trasformatosi in forma robotica, lo aveva bloccato sul tetto... e ora stava fissando il mio tenente con uno sguardo lascivo e affamato.
― Cos ì ... è soltanto il famoso braccio destro di Optimus Prime ci ò che si frappone tra me e l’ AllSpark ?! – esordì, prima di esplodere in una grossa e crudele risata. Poi aggiunse: — Non te lo ripeterò ancora... dammi ciò che è mio!
Jazz invece non sembrava intimorito e gli lanciò un’aria di sfida: ― Prima dovrai passare su di me, Testa a Secchio ! – esclamò sorridendo.
Quindi si trasformò in auto e sgommò a tutta velocità tra le gambe del Comandante Decepticon. Ritrovatosi a mezz’aria, passò nuovamente alla forma robotica e usò il rampino per dondolare tra un grattacielo e l’altro, col minaccioso Megatron in altmode di caccia Cybertroniano che si era appena lanciato al suo inseguimento.
Dabbasso, avevo assistito a tutta la scena e avevo la Scintilla a mille nell’apprendere che il mio tenente aveva preso l’iniziativa di sfidare probabilmente il più potente dei Cybertroniani. Che cosa gli era saltato in mente? Non era nemmeno all’altezza della sua forza... ma poi il canale dell’ intercom si aprì e Jazz mi disse nel suo tipico tono rilassato: ― Sto solo cercando di ammorbidirlo prima del tuo arrivo, Prime. Stai tranquillo...
― Non sono mai tranquillo quando si tratta di Megatron! – gli risposi sospirando – Aspettami lì... e non ti muovere!
Pareva veramente di avere la situazione sotto controllo, nemmeno le minacce di Megatron lo spaventavano. Di una cosa ero sicuro, però: a Jazz il coraggio non mancava! Riuscì, infatti, ad arrampicarsi sulla scocca del mostro con l’intenzione di disorientarlo e costringerlo ad atterrare. Ma nel momento in cui la manovra ebbe successo, con una schivata tempestiva il Comandante Decepticon lo ribaltò e lo riportò sui tetti di Mission City, riconvertendosi in forma robotica. E adesso aveva il mio tenente in pugno, in tutti i sensi!
Arrivai appena in tempo alla base degli edifici sui quali si trovava Megatron, e con sgomento lo vidi prima cercare di ferire Jazz e poi afferrargli mani e piedi, sollevandolo con entrambe le braccia, nel gesto di strapparlo letteralmente a metà... uno dei miei peggiori incubi!
— Non sai fare di meglio, Meggie ?!?
— E stai fermo, Autobot!
― Non ce la farai mai. Sono tutto d’un pezzo...
― Beh... presto sarai in due!
Non gli avrei permesso di uccidere il mio fedele primo ufficiale, né di uccidere qualunque altro Autobot sotto il mio comando in preda alla sua tetra follia. Nessuno – ripeto, nessuno – della mia squadra meritava una morte dolorosa in battaglia come quella!
Fu così che afferrai il Blaster a ioni e dissi a me stesso: Non questa volta, Megatron! , dopodiché cominciai a sparargli in modo da fargli perdere la presa e lasciare cadere Jazz illeso. Lui, però, che era troppo vicino al bordo, precipitò di sotto anche lui, creando un cratere all’impatto con l’asfalto sottostante. Certo, aveva mollato la presa, ma dovevo correre dal mio migliore amico prima che Megatron potesse tornare all’attacco.
A grandi falcate mi fiondai verso di lui, e tutto mi pareva girare al rallentatore, con la Scintilla che ardeva di speranza e paura insieme e la respirazione meccanica affannata. Lo afferrai al volo all’ultimo secondo, dopodiché ci schiantammo entrambi al suolo quasi contemporaneamente a Megatron.
Mentre cercavo di rialzarmi e a issare Jazz, la mia frustrazione per avermi disobbedito lasciò presto il posto al sollievo per il pericolo scampato. Fino a che, con mia amara sorpresa, scoprii non eravamo ancora del tutto fuori pericolo: Sam, il giovane umano, era là fuori da solo e con un mostro alle calcagna!
***
— Sento il tuo odore, ragazzo...
Sentivo il rimbombare della battaglia in strada: i miei compagni Autobot, i Decepticon, gli uomini di Lennox... avevo anche saputo che Bumblebee aveva protetto gli umani da un attacco aereo di Starscream usando un furgone come scudo. Che scout coraggioso, il mio figliolo, sebbene mi piangesse la Scintilla che fosse rimasto ferito alle gambe tanto da essere costretto a farsi trascinare da un carroattrezzi. Lui stesso aveva trattenuto l’impulso di piangere per mostrarsi forte. Resisti ancora un po’, piccolino. – dicevo tra me e me – Quando avremo finito qui, chiederò a Ratchet di ripararti.
Megatron invece stava inseguendo il povero Sam sui tetti, al quale era stato ordinato di consegnare l’ AllSpark ai militari su un elicottero. Ma il Decepticon era riuscito ad abbatterlo e a inchiodare il ragazzo sui merli dell’edificio, mentre lui si affannava a non cadere di sotto stringendo il Cubo con un braccio e una delle statue con l’altro.
— È paura o coraggio quello che sento? Dammi l’ AllSpark , e io farò di te il mio schiavetto.
— MAI! Non ti darò mai questo Cubo!
― Ooh... ma che audacia!
Voleva uccidere il ragazzo... e io glielo avrei impedito! Corsi come non avevo mai fatto, come riscatto per non essere riuscito a proteggerlo dagli agenti del Settore Sette. Per quanto non fossi esperto nel prendermi cura dei più giovani, le cui vite erano comunque preziose indipendentemente dal pianeta di origine o dal colore del sangue. Come avevo promesso a Primus e ai Tredici che avrei protetto mio figlio dal Male, così avrei fatto con quel piccolo umano.
Infatti, combattendo contro l’orrore della vista di Sam precipitare nel vuoto per un colpo della mazza di Megatron, mi tuffai verso di lui e lo strinsi contro il petto per attutirne la caduta... avevo appena salvato letteralmente al volo due amici. Sam mi colpì per il suo coraggio, non potevo credere che avesse rischiato la propria vita per proteggere il Cubo. Un momento fulmineo, quasi impercettibile, per un secondo avevo ritrovato un po’ di pace.
Dall’altra parte della strada Megatron, a pochi metri da noi, si rialzò trattenendo una smorfia e mi lanciò un altro dei suoi folli sguardi: ― Quasi cominciavo a chiedermi se saresti mai venuto, fratellino... – esordì, con le sue lunghe dita ad artigli che fremevano di strapparmi l’ AllSpark dal mio cadavere.
— Infatti, eccomi qui. – ricambiai lo sguardo – Questa è la fine per te, Megatron!
― Tz è . Una frase che incider ò personalmente sulla tua lapide... perch é saranno le tue ULTIME PAROLE !
Era chiaramente una battaglia che dovevo sbrigare da solo, cieco alla disperazione che si dipinse sul volto di Sam, come a chiedermi che cosa stessi facendo. Mi guardava con gli occhi fuori dalle orbite, come un bambino che non voleva abbandonare suo padre... quello stesso sguardo che ricordava Bumblebee, quasi come se fosse il suo alter ego umano.
E in quel momento la mia Scintilla si riempì di dolore. Non sapevo se considerarlo un volere o un dovere dare la mia vita perché altri miliardi potessero vedere la fine del giorno; ero e sono un Prime, progenie di Primus... per voi sarebbe un principe appartenente a una stirpe a lungo dimenticata. Non lo davo a vedere, ma avevo chiaramente paura.
— Se io non sconfiggessi Megatron... – mi rivolsi a Sam, mal celando la malinconia della mia voce – Devi spingere l’ AllSpark nel mio petto e io sacrificherò me stesso... per distruggerlo.
Lo stesso Sam me lo aveva detto: «Niente sacrificio, niente vittoria» , e purtroppo non vedevo altre soluzioni. Lo sentii protestare e implorarmi di non voler vedere morire il suo angelo custode, per cui non rimasi inerte a quel volto distrutto e sospirai: ― Lo so, figliolo. Anche a me si spezza il cuore. Ma sono certo che metterò fine alla guerra e ne uscirò indenne.
In qualche modo, così facendo riuscii a strappare un sorriso al ragazzo, il quale mi augurò un sentito buona fortuna, impressionato da me ma incapace di fermarmi. Dopo che vidi Sam mettersi al sicuro dietro di me, finalmente potevo affrontare la mia nemesi in quello che sarebbe stato il nostro scontro finale; ora Megatron non poteva fuggire dall’abbraccio della giustizia... la giustizia di un Prime.
— Ora a noi due, Megatron!
— Naaah... ci sono solo io, Prime!
― Alla fine del giorno, uno solo resterà in piedi... e l’altro cadrà!
― Ti ostini a combattere per i più deboli. Per questo sei destinato a perdere!
Maschera da battaglia attiva, lo fissai con rabbia: gli occhi si illuminarono come nella battaglia di Tyger Pax, in sintonia con la mia Scintilla incollerita. Ero un guerriero come lui, quindi sapevo come rispondere a tono alle sue provocazioni, pur mantenendo il sangue freddo. Megatron digrignò i denti, certo com’era di avere un aspetto feroce: si era posto a capo di un esercito di mostri e tutto di lui esprimeva come mai era lui il più forte tra i suoi simili.
A stento sbuffai, più per celare il dolore che per tentare di rispondergli. La ferita al fianco destro era piuttosto profonda e tingeva di Energon le altrimenti brillanti fiamme rosse e blu della mia corazza. Nonostante ciò, dalle mani feci scattare le Lame da Battaglia prima di tuffarmi di nuovo verso il nemico con risoluta determinazione, costringendolo a schivare all’ultimo secondo con un salto.
Sullo sfondo, i soliti scontri tra Autobot e Decepticon imperversavano imperterriti. Megatron sorrise feroce dinanzi alla guerra che li avvolgeva come una coperta di orrore e morte.
— Ebbene, fratellino? – mi chiese con scherno – Se ti uccido adesso, i tuoi Autobot si arrenderanno?
— Sai che non accadrà. – ribattei, la cui voce fu uno schiaffo per il Signore della Guerra.
― Il tuo patetico amore per questo pianeta ti ha rammollito! Perch é sprechi inutilmente il tuo Energon per delle creature di carne? Loro non meritano di vivere!
― Meritano di scegliersi il proprio destino.
― Allora morirai con loro! – e fece scattare la lama retrattile dal braccio, pronto a colpirmi ancora.
Megatron mi provocava, m’insultava, mi derideva... tutto solo perché mi ero posto dalla parte degli innocenti. Si credeva lui stesso l’eroe di turno la cui vittoria nella guerra avrebbe riportato Cybertron al suo antico splendore, quando invece era l’esatto contrario: un mero mostro senza cuore con un corpo e una mente deformati che distruggeva tutto ciò che toccava, che fosse da solo o con i suoi Decepticon.
A un certo punto del duello, lui si trasformò e si allontanò dai grattacieli, volando così in alto da essere irraggiungibile a piedi. Io non mi ero allontanato molto dal campo di battaglia, quindi presi la rincorsa con ampie falcate, accumulai abbastanza slancio arrampicandomi sui palazzi e spiccai un grande salto da riuscire ad afferrare le ali del caccia di Megatron.
Il nostro volo assomigliava a quello compiuto poco prima da Jazz; questa volta, però, eravamo così pesanti che nella corsa sfondammo diversi vani degli edifici circostanti prima di atterrare rotolando diversi metri più in là. Alla fine, una volta in forma robotica, Megatron sparò un colpo dal suo Cannone a fusione e mi schiacciò a terra, portandomi con sé qualche rottame metallico e calcinacci per aver sbattuto contro un palazzo.
La lotta riprese normalmente e mi ritrovai immediatamente in svantaggio; mi sentivo perduto, in trappola, fino a che un fischio nel cielo mi distrasse: stava arrivando un plotone di aerei militari degli umani! Forse mi avevano visto in difficoltà e avevano pensato di darmi una mano pur sapendo che Megatron era troppo potente per loro. Come avrebbe detto Jazz, erano lì solo per “ammorbidirlo”.
Infatti, i caccia dell’Aeronautica umana riuscirono a intercettarlo prima che potesse nuocermi ancora e scaricarono una batteria di missili sulla sua schiena, riducendolo a malapena in ginocchio. Ruggendo dalla rabbia e inorridito da tale umiliazione, ecco la mossa che temevo di più: con un singolo e potente colpo di cannone, spazzò via gli aerei in pochi secondi!
Fui a dir poco sconvolto per la morte di quei valorosi soldati umani, impotente per non aver potuto fare di più. Non mi restava molto tempo, dovevo reagire o sarei morto invano. Nonostante fossi ormai pronto a sacrificarmi, proprio mentre Megatron stava per sferrare il colpo mortale, disperato supplicai Sam di compiere l’estremo gesto. Invece, mosso dal coraggio e dal desiderio di non vedere un amico morire davanti ai suoi occhi, afferrò il Cubo con entrambe le mani e lo spinse piuttosto contro il petto di Megatron, là dove batteva la sua Scintilla.
La luce della reliquia fu così intensa e purificante, che l’anima nera del mio malvagio fratello letteralmente bruciava al suo contatto. Megatron lottò più che poteva per sopravvivere a tale potenza... ma purtroppo giacque a terra privo di vita. Solo un guscio vuoto, alla cui vista tutti gli altri Decepticon si ritirarono... anche Starscream, troppo occupato a lasciare il campo di battaglia. Insomma, la guerra era finita, ma... a quale prezzo?
Mi chinai sulla carcassa di Megatron ancora bollente dalla fusione con l’ AllSpark e a stento trattenni le lacrime, rammaricato per il tragico epilogo a cui egli era andato incontro: Non mi hai lasciato altra scelta, fratello , sospirai a me stesso mentre estrassi dal petto vuoto ciò che restava del Cubo... nient’altro che un singolo frammento di metallo. Prima di Tyger Pax non ho mai desiderato la morte del mio stesso fratello, ma solo un modo per riportarlo indietro. Alla fine, ironia della sorte, il mio desiderio era stato esaudito: Megatron era caduto, e con lui la mia sete di vendetta... ero di nuovo me stesso, o almeno in parte.
Quando mi voltai per andarmene, osservai i miei compagni Autobot che – animati nel vedermi in piedi – respinsero gli ultimi Decepticon rimasti, finché della battaglia di Mission City rimase solo il silenzio. Un Comandante ispira coraggio ai suoi soldati, si sa... lo leggevo nei loro occhi, cerulei come la Scintilla. Mi rispettavano come Prime e come leader, ma non sarei mai diventato ciò che sono oggi se non fosse stato per la responsabilità che avevo nei loro confronti, per l’ono-re di essere la loro guida e la forza che la loro fede mi trasmetteva in questa guerra lunga e dolorosa.
Mio figlio Bumblebee, ancora incatenato al carroattrezzi, fu il primo a raggiungermi e lasciai che l’affetto reciproco scaldasse la luce delle mie iridi azzurre, fino a quando mi spiazzò con una domanda tanto sorprendente quanto curiosa: — Posso chiederti una cosa, papà? – lo sentii tramite Connessione Neurale , non chiamandomi però per nome o semplicemente “Comandante” fintanto che eravamo sul campo.
Un sorriso mi attraversò le labbra: — Puoi parlare liberamente, figliolo.
— Ti offendi se... – e mi guardava come se si aspettasse un rifiuto prima di sentenziare finalmente: — Desidero restare col ragazzo?
— Beh... se è ciò che lui vuole.
Era chiaro che Bumblebee si era ormai affezionato al giovane Sam, tanto da vederlo già come il suo migliore amico nonostante all’inizio l’avesse più volte chiamato “ la Camaro di Satana ”. E mi scaldò il cuore sentire che proprio quel ragazzo acconsentì di essere il suo guardiano, questa volta in via ufficiale. Inoltre, ero grato anche per qualcos’altro: le mie azioni compiute quel giorno avevano permesso di uscire dalla battaglia finale senza perdere neanche un Autobot e acquisendo allo stesso tempo degli alleati .
— Abbiamo perso una casa, ma ne abbiamo trovata un’altra... e anche dei nuovi amici. Grazie, a tutti voi. Il coraggio dimostrato vi rende onore. – cominciai, rivolto alla squadra del Capitano Lennox.
I miei compagni invece trattenevano l’orgoglio, sporchi e feriti come me, ma sarebbero comunque pronti a difendermi fino alla morte: — Voglio che sappiate che sono fiero di voi. Combatterò fino all’ultima goccia di Energon che ho nelle vene, per voi e per la Terra. Sono davvero felice di essere il vostro Comandante e vi prometto che non permetteremo ai Decepticon di vincere, né di occupare questo mondo.
— E io non vedo l’ora di lavorare con te... comandante Optimus. – rispose Lennox, lievemente intimidito dalle mie parole, che a suo dire avevano scatenato ad alcuni un brivido lungo la schiena.
― Sono certo che diventeremo ottimi compagni di battaglia, Capitano. – ricambiai sorridendo.
Gli Autobot continuavano a fissarmi, come in perenne ricerca della forza del loro leader, e sollevai fiero il capo. Sembrava l’inizio di una bella amicizia, come lo sarebbe stata con Sam e Bumblebee.
Con la distruzione dell’AllSpark, non abbiamo più la possibilità di ricostruire Cybertron, ma il Fato ci ha ricompensato con un dono inatteso: un altro mondo da chiamare casa. Ora viviamo in incognito tra gli umani, nascondendoci alla loro vista, e li proteggiamo in segreto... in attesa.
Sono stato testimone del loro coraggio, e per quanto noi possiamo essere diversi, in questo mondo c’è molto più di quello che vedi. Io sono Optimus Prime, e invio questo messaggio a tutti gli Autobot ancora dispersi tra le stelle...
NOI SIAMO QUI. NOI... ASPETTIAMO.
***
CONTINUA...
Chapter 3: 02 - La profezia di Demolishor
Summary:
Revenge of the Fallen... uno dei capitoli più disastrosi dell'intera Saga Bayverse. Troppi buchi, umani troppo invadenti, troppo... too much. Per questo copre un ruolo piuttosto ampio in questo progetto. Notare come Optimus adesso si comporti in modo più affine con i canoni classici e NON come lo ha dipinto Michael Bay, come ad esempio l'empia fine che fa Demolishor. Senza spoiler, non è stato lui a premere il grilletto. Oppure i Decepticon sono a Shangai con un obiettivo un po' più chiaro rispetto al film originale.
Un'ultima nota tecnica: com'è successo per la battaglia di Mission City, ho aggiunto anche alcuni spruzzi di dialoghi tratti dal videogioco e ROTF è stato uno dei miei primissimi titoli che ho giocato alla PS3, nonché la scintilla che mi ha fatto innamorare dei TF! <3
Chapter Text
Terra, luogo di nascita della razza umana. Una specie molto simile alla nostra, capace di grande compassione... e di grande violenza.
Tuttavia, anche se abbiamo eliminato il capo dei Decepticon, Megatron, i suoi seguaci sono sopravvissuti e conducono una guerra segreta contro di noi.
Ora noi Autobot difendiamo la razza umana da un Male che essa stessa ignora...
***
*** OPTIMUS PRIME ***
Ormai era nato un nuovo e coeso sodalizio che testimoniava che era davvero possibile la collaborazione tra organici e sintetici... e quello nel campo militare era un esperimento già rodato e perfettamente funzionante grazie ai precedenti di Mission City. I coraggiosi membri umani del NEST avevano un interesse in comune, quello nel credere di non essere soli nell’univer-so. Indossavano tutti un’uniforme da battaglia nera – dalle tute leggere alle corazze pesanti – con cucite sulla manica sinistra una piccola bandiera per identificare la nazionalità di ogni soldato e, sotto di essa, la caratteristica toppa triangolare del NEST; sulla manica destra, invece, erano impressi i codici dell’unità militare d’origine prima di essere arruolati alla task force.
Oltre a me, a capo dell’operazione c’era il neopromosso Maggiore William Lennox: un bravo ragazzo, leale, corretto... “un mio spirito affine”, aveva detto lui stesso al nostro primo incontro. Insieme a lui c’era il suo fedele braccio destro e migliore amico Robert Epps, un sergente duro e disciplinato e allo stesso tempo un soldato impulsivo ma mai eticamente malvagio. Il primo coordinava le truppe terrestri, il secondo supervisionava la logistica e forniva supporto aereo – in quest’ultimo caso era famoso per “portare la pioggia” in caso di emergenza.
Ovviamente anche Lennox ed Epps avevano i loro guardiani Autobot, anche se erano stati questi ultimi a scegliere loro: il che voleva dire che il mio specialista d’armi Ironhide e il mio primo luogotenente Jazz si erano affezionati rispettivamente al Maggiore e al Sergente attraverso la simpatia e l’“affinità di cuore”.
Per quanto riguarda i miei compagni, avevo lanciato un messaggio nello spazio, informando loro della nostra attuale posizione e invitandoli a unirsi a noi sulla nostra nuova casa. La risposta fu piuttosto deludente, con solo cinque Autobot ad arrivare sul suolo terrestre: l’ingegnere Jolt era nuovo, mentre Sideswipe e le Sorelle Amazzoni erano familiari a me e al mio gruppo.
Per i Tredici... le Sorelle Amazzoni! Era la mia occasione per chiedere perdono a Elita One e a lasciare alle spalle le nostre divergenze. Ero cambiato, ero di nuovo il guerriero misericordioso che ero un tempo... non un assassino sociopatico. Pregavo che quello di Tyger Pax fosse stato solo un episodio isolato e che un giorno avrei potuto stringerla di nuovo tra le mie braccia senza temere di essere ucciso dal suo sguardo di ghiaccio.
A questo proposito Jazz era ottimista e sperava che io ed Elita tornassimo insieme, che avessimo finalmente fatto pace; Ironhide invece era tutt’altro che allegro e considerava quella storia irrecuperabile, disposto a tutto per convincermi a tagliare completamente ogni legame col passato e voltare pagina. Peccato, però, che ignorasse che una parte di me ancora la amava; doveva solo darmi più fiducia.
Tutti sapevano che era un argomento spinoso per me e Bumblebee, ma il mio tenente non aveva idea di cosa aspettarsi. Con la radio che cantava Shine on you Crazy Diamond dei Pink Floyd, io insistevo a continuare con i preparativi dell’arrivo dei nostri nuovi amici, come ad esempio predisporre un hangar più grande per accoglierci tutti. Mi rivolsi al mio specialista d’armi, fermo davanti al computer con gli occhi fissi sullo schermo. Gli chiesi gli ultimi aggiornamenti sul primo gruppo di compagni in arrivo sulla Terra, come ad esempio quanto distassero ancora dal pianeta.
Ironhide fece scorrere le dita sullo schermo, premendo ogni tanto qualche pulsante, e mi diede la risposta dopo pochi secondi – ancora due settimane terrestri all’arrivo. Mi sentivo strano, come in preda alle vertigini e al freddo allo stesso tempo, una condizione che impensierì il mio vecchio amico: — Va tutto bene, Prime? Hai l’aria di chi ha appena visto un fantasma...
— Percepisco la mia Connessione Neurale con Elita. – sospirai – Debole, ma riesco a sentirla.
Ironhide strabuzzò gli occhi, poi guardò di nuovo lo schermo: — Forse è la sua capsula di rientro... ho avuto la tua stessa sensazione quando ho avvertito la presenza di Sideswipe e Chromia, ma non riesco a pensare ad altro. – poi il suo sorriso si allargò improvvisamente mentre proseguiva: — Arriveranno così presto? Ahh, non sto più nella carrozzeria! Ratchet non sarà altrettanto felice, però: non gli è mai piaciuto mio figlio, neanche dopo la scomparsa di Sunstreaker.
— Fermi tutti! Di che cosa state parlando?
— Non ci avete mai detto di avere una famiglia...
Le voci rispettivamente di Epps e Lennox irruppero improvvisamente alle nostre spalle, e quest’ultimo sembrava aver intuito in parte l’argomento della nostra discussione. Guardai in direzione dei nostri nuovi amici umani e scossi la testa e la malinconia, un attimo dopo, prese il sopravvento quando gli risposi: — La Matriarca Elita One è il mio vicecomandante e la leader delle Amazzoni, le nostre donne guerriere...
— È sua moglie... e la mamma di Bee! – tagliò corto Ironhide, sboccato come sempre – Ebbene sì, anche noi Bot sappiamo amare. Non vi annoierò con i nostri paroloni ma quando due Cybertroniani si sposano, restano insieme per tutta la vita.
— La fusione delle Scintille è un evento straordinario... nonché relativamente raro. – aggiunsi, assecondando il mio specialista d’armi – A quanto ne so, la mia e quella di Ironhide sono le uniche relazioni stabili conosciute.
― Davvero?!? Sai chi ha scelto come partner il nostro guerriero? – si incuriosì Lennox, incapace di immaginare il suo guardiano Autobot come padre di famiglia.
Lo sguardo del mio specialista d’armi divenne d’un tratto molto serio: — Promettimi solo di non ridere, Will... praticamente sono stato incastrato. Chromia, la vicecapo delle Amazzoni, e ‘Lita... sono sorelle! Quindi capirai perché sono sempre così fraterno con Prime!
— Come lo sono tutti i cognati, del resto. – ridacchiò Epps – Diamine, voi Autobot siete matti come cavalli! Cioè, vi credevamo solo degli esseri freddi venuti dallo spazio lontani anni luce da noi, invece qualcosina in comune ce l’avete eccome! Non ho mai visto una cosa del genere in tutta la mia carriera da soldato, giuro!
Diverso tempo dopo, Ironhide trovò le nuove reclute nella periferia di Shangai, nei pressi di una villa. Tra le ombre si muovevano due Chevrolet, una Volt blu e una Corvette Stingray argentata e rossa – non esattamente quel tipo di veicoli che ci si aspetterebbe per le strade alle due del mattino. Le due auto si facevano strada per le vie strette e buie, con solo un paio di grossi lampioni a illuminare i dintorni. Erano entrambe delle auto moderne, del tutto fuori posto o quasi in un ambiente tipicamente orientale.
I due superarono un viale, dove erano parcheggiate non una ma ben tre motociclette colorate, appartenenti a tre donne in completo di pelle che si assomigliavano a parte il colore degli abiti e dello stile di abbigliamento. Le tre sorelle motocicliste, un’altra stranezza di questo mondo, misero in moto i propri bolidi (rispettivamente una Ducati fucsia, una Suzuki blu e un’Agusta viola) e uscirono dal vicolo per seguire le due Chevrolet. Una delle due si separò dal gruppo e si affiancò alla Stingray argentata.
— Sei in ritardo. – esordì Arcee – Cosa ti ha trattenuto?
— Il traffico. – rispose Sideswipe – E qualche simpatico umano che ha cercato di vandalizzarmi con un grimaldello o una bomboletta di vernice spray.
— Di’ pure che sei quasi finito nei guai mentre cercavi un buon posto dove trovare qualche Decepticon da prendere a calci. – specificò Jolt, ridendo sotto i baffi.
— Sono un avventuriero, J. Non mi piace stare fermo.
— Se per “avventura” intendi anche corteggiare belle ragazze in oloforma o fare complimenti a ogni auto o moto che incroci ai semafori...
— Ah, lo sapevo! – lo sgridò Chromia con fare materno – Hai bruciato la tua copertura... di nuovo!
— Non è vero... è tutta colpa di Jolt. – cercò di difendersi Sideswipe.
— Mia!? – esclamò il diretto interessato – Quando mai la colpa è mia?
— Sei sempre il solito nerd noioso e guastafeste, che mi interrompe il divertimento sul più bello. Dovevi essere la mia spalla.
— Io ti ho coperto le spalle...
— Razza di bugiardo e pezzo di latta!
Jolt si sentì imbarazzato: — Come mi hai chiamato?!
— Sei diventato sordo, per caso? Non sei altro che un bugiardo e pezzo di...
— Uff, allora è vero che tu e Sunstreaker siete fatti della stessa pasta! Non so come o perché Ironhide vi abbia adottato... per quanto siete così fastidiosi!
All’improvviso Chromia, che era parcheggiata al fianco di Arcee e alle due Chevrolet, subito scattò in piedi... non letteralmente, per non rischiare di far saltare il basso profilo: — DATECI UN TAGLIO, VOI DUE! – urlò, ormai in preda a una crisi di nervi – Soprattutto tu, Sideswipe. Ancora un minuto e mi farai esplodere la testa!
— Tua madre ha ragione, ragazzo. – la seguì Elita One – Sei stato davvero infantile. Chiedi immediatamente scusa all’ingegnere e comportati bene. Abbiamo un lavoro da fare...
Ora sì che Sideswipe era umiliato, e nell’orgoglio per giunta. Per non scatenare una guerra anche tra gli Autobot, assecondò la Matriarca e rimase in silenzio per un’ora, fino a che non tornò all’attacco con le sue battute indigeste: — Bah! Comunque voi due e Mamma non dovreste nemmeno essere qui. Dovevate restare a casa, su Cybertron. Questo è un lavoro per soli uomini, sapete...
«Ugh... sessista!», sembrava mormorare Chromia a denti stretti, sentendosi offesa. Era già di per sé una donna impulsiva e irascibile, ma sentire un commento del genere dal suo stesso figlio...
— Rilassati, Ma’. – ridacchiò Sideswipe, mettendo le mani avanti – Vi stavo solo prendendo per i cuscinetti come al solito...
— Okay, ho sentito abbastanza...
Fu interrotto dal vocione autoritario di Ironhide, giunto sul posto nella forma di pick-up GMC, dopodiché si trasformò in robot e si presentò minacciosamente davanti ai cinque Autobot: — La pacchia è finita, gente. Tornate ai vostri posti.
— Osi trattare la tua stessa famiglia come tuoi sottoposti, ‘Hide? – sbottò Chromia, passando immediatamente alla forma robotica, dopo aver disattivato il pilota olografico.
Anche il resto del gruppo si trasformò e apparve chiaro che l’adattamento a una massa di metallo più ridotta rispetto agli altmode Cybertroniani avesse costretto le tre Sorelle Amazzoni a diventare poco più alte di un umano, delle bambole in confronto a colossi come Sideswipe o Ironhide. Si diceva che questa configurazione, inoltre, permettesse loro di adottare una modalità ibrida con le ruote al posto delle gambe, in modo da affrontare più velocemente gli inseguimenti a piedi.
— Sto solo eseguendo gli ordini, ‘Mia. – si difese il mio specialista d’armi – Sai bene che non mi permetterei mai di essere duro con te.
— Beh, questo non ti dà il diritto di rivolgerti alla tua donna come un soldato qualunque. – ribatté la Matrona puntando il dito sul suo petto.
Ironhide sembrava addolcito, perché quasi ebbe l’istinto di inchinarsi verso di lei e baciarla sulla guancia. Ma non poteva trattenersi, visti gli sguardi assassini che gli rivolgevano gli altri Autobot.
***
Shangai, Cina. Ore 19:14. Anno Terrestre 2009
L’ambientazione di una delle nostre operazioni più famose era una via di mezzo l’architettura storica e quella moderna, trasformandola in una delle città meglio industrializzate del mondo. Da un lato Shangai era una pletora di bellissimi edifici vecchi di secoli e ricoperti di fiori, e statue di dragoni e divinità. Dall’altro essa si perdeva nelle fabbriche, enormi grattacieli e altre strutture meravigliose che costituivano lo skyline della città.
In un complesso industriale di recente costruzione, le luci non erano ancora state installate, trasformandolo in un luogo buio e pericoloso. Diversi criminali si erano stabiliti nei vicoli, ed era relativamente tranquillo... sebbene in quella sera le vie fossero sotto stretta sorveglianza di personaggi particolari... noi!
Sul Ponte Nampu, una pattuglia composta da diversi veicoli neri del NEST stava circondando un camion sospetto. In quel momento un’Audi R8 argentata sfrecciò verso il convoglio contromano e poi attraverso un edificio, seguendo lo stesso camion.
Sideways – questo il nome del Cybertroniano – si trasformò nel bel mezzo del traffico e cominciò a sparare sui veicoli civili e non, mentre i suoi compagni circondarono il camion, speronandolo e mandandolo fuori strada. Aperto un varco, si avvicinò al rimorchio, lo aprì e rubò qualcosa; la limitata luce della luna, quasi del tutto coperta dalle nuvole, gli conferiva un aspetto minaccioso, mentre un elicottero della nostra nuova task force stava ispezionando l’area.
— NEST Uno, qui Sergente Epps. Sorvolo il Sudest di Shangai a dodicimila piedi. Nessun contatto visivo, ma laggiù c’è qualcosa... forse occultato. Scanner a infrarossi a tutta banda, passo.
— Mi collego alla rete di sorveglianza locale. – intervenne un’ufficiale sua collega – Vediamo di che si tratta...
Immediatamente la donna cominciò a decrittare le telecamere delle strade per scansionare l’area limitrofa del ponte: — Ipotizzo un predatore alieno classificato... – commentò Epps – Però... dimmelo tu.
— Sì, mi ricordo il mese scorso in Marocco. Stessa interferenza di fondo. Abbiamo... un momento!
Furono interrotti dagli allarmi degli scanner, il che poteva significare solo una cosa: — Nemici confermati! – esclamò il Sergente – Incursione Decepticon nel quadrante sudoccidentale. Torniamo alla base e avvisiamo gli Autobot!
Verso le dieci di sera, nell’oscurità della pioggia, la città era nel caos totale. Gli abitanti confusi fuggivano dalle abitazioni e dagli uffici appena furono storditi dagli allarmi di pericolo ambientale. Le autorità locali si affannavano a farli evacuare ordinatamente e far sì che una nuova e potente task force potesse gestire l’emergenza.
Dopodiché il NEST , che fosse a bordo di jeep Humvee militari ed elicotteri o fossero solo soldati a piedi, avanzò verso un cantiere edile incompleto presso una delle fabbriche ove in precedenza era stata segnalata attività Decepticon. Erano accompagnati da Lennox ed Epps, insieme ai loro vecchi compagni e nuove reclute.
Quando fummo chiamati per l’attacco a Shangai, avevo inviato Ironhide e Arcee a supporto dei compagni di Lennox, ma avevano insistito a voler portare con sé anche Sideswipe e le altre Sorelle Amazzoni come supporto. Il mio specialista d’armi era arrivato sul luogo della segnalazione, un’area industriale a ridosso del lungomare, mentre via radio gli fornivo le ultime raccomandazioni: prendersi cura dei ragazzi e, soprattutto, niente danni collaterali alle infrastrutture.
— Mi assicurerò di lasciare tutto come lo abbiamo trovato quando torneremo a casa dalla nostra gita a Shangai! – mi aveva risposto Ironhide tra il serio e il faceto.
Da lì in poi egli era nelle mani del suo protetto Lennox e dei suoi uomini. Erano a bordo di un camion militare e lui stava ricapitolando le ultime informazioni pervenute dal Centro di Comando: — Bene, ragazzi, ecco cosa sappiamo. – esordì, guardando fiero i suoi compagni – Il Governo cinese ci ha segnalato due Decepticon nascosti in questa città. Uno è un’auto sportiva argentata, l’altro è ancora sconosciuto. Stavolta la copertura è una “fuoriuscita tossica”, hanno evacuato la zona per ricerca e salvataggio. Con questa fanno sei contatti col nemico in otto mesi... e noi non vogliamo che si faccia pubblicità, quindi chiappe strette!
Finalmente Ironhide arrivò sulla scena insieme a Sideswipe, il quale attese che si trasformasse mentre sfoderava le sue spade gemelle: — Perché ci hai messo tanto, Pa’ ? – gli chiese.
— Questa è un’operazione militare, non una riunione di famiglia! – fu la risposta, peraltro burbera, del suo anziano genitore.
— Allora, Ironhide... riveliamo degli echi. – intervenne Lennox, dandogli un’amichevole pacca sulla gamba.
— Puoi dirlo forte! – gli sorrise il mio specialista d’armi, con i suoi sensori in allerta – È qui... lo sento!
— Sicuro, Pa’ ? – gli chiese ancora Sideswipe, stavolta ridacchiando sarcastico – Forse ti confondi con i fumi di gas della fabbrica!
Molto divertente! , si trattenne dal dire Ironhide mentre ordinò a Lennox di far avvicinare i suoi uomini. Dopodiché era calato il silenzio, smorzato solo dal lacrimare del cielo e dai passi leggeri dei soldati e quelli più pesanti e metallici degli Autobot. Il mio specialista d’armi aveva i suoi cannoni già puntati e pronti a sparare al minimo segno di Decepticon, un Bot potente che avrebbe potuto esplodere se non avesse avuto nulla da fare... o, nel suo caso, nessun bersaglio a cui sparare.
Furono vicini a delle condotte di cemento e anche gli umani stavano per approntare i fucili, ma tutti si fermarono nel sentire una conversazione a portata d’orecchio. Sideways era nascosto alla vista ed emetteva picchi di radiazioni tali da far brillare lo scanner di Epps: dalle dimensioni del residuo termico era chiaramente un Bot di piccola taglia, un ricognitore. Rimasero lì immobili dietro ai container, senza attaccare, a origliare che cosa stesse dicendo.
— Ho setacciato l’intera area... nulla di fatto! Dovunque gli umani abbiano nascosto il corpo di Megatron, non è Shangai.
— Non stiamo cercando la carcassa di Megatron! – rispose piuttosto seccatamente l’inconfondibile voce di Starscream, via radio – Vedi se riesci a trovare una fonte di Energon.
— Di quello ce n’è in abbondanza. Per me sarà un vero piacere...
— BASTA! Gli Autobot potrebbero rivelare la tua presenza. Tieni gli occhi aperti e stai pronto a combattere!
— Tranquillo, io sono sempre pronto a combattere!
Invece Lennox e gli altri non erano tranquilli: erano due anni che avevamo dichiarato scomparsi i Decepticon, ma i miei timori circa l’inevitabile passaggio del comando a Starscream erano fondati. Non lo reputavo una grave minaccia come il mio defunto fratello, ma era comunque una figura altamente imprevedibile da non sottovalutare.
— Forza, prepariamogli una bella accoglienza violenta! – un’altra voce, quella di Ironhide, interruppe i miei pensieri, così ansioso di sparare ma anche annoiato dalla troppa quiete che lo rendeva nervoso.
Sideswipe, in contatto radio, sussultò: — Ma sei pazzo?!? Sideways non sa che siamo qui! Dobbiamo approfittarne prima che si accorga di noi!
— Tuo figlio ha ragione, Ironhide. – intervenne Lennox, posandogli una mano sul braccio – Per una volta, l’elemento sorpresa è dalla nostra parte... – poi, rivolto ai suoi uomini: — Bene, ragazzi. Mantenere la posizione: gli siamo praticamente sopra!
Non mi piaceva lo sguardo del mio specialista d’armi, e gli piaceva ancora meno il fatto di dover restare nascosto e sparare a un segnale prestabilito. Lui non era un Bot da imboscate, la sua specialità era lo scontro diretto, e la mia Scintilla diceva che presto ne avrebbe trovato uno degno dei suoi cannoni.
Infatti, nel cuore della quiete e della pioggia, l’escavatrice da miniera Terex RH400 bianca e rossa arrugginita che si trovava a due-tre metri da Sideways emise uno strano rumore di trasformazione che ci pietrificò tutti, me compreso. Mentre assumeva la forma robotica, il gigante percosse con violenza il terreno circostante con le sue grandi braccia, facendo volare i tubi vicini e i soldati NEST immediatamente dopo. Lennox, Epps, Ironhide e pochi altri riuscirono a salvarsi appena in tempo, e solo guardando l’abominio che avevano davanti capirono di essere nei guai!
— Aprire il fuoco! – esclamò il Colonello, e ogni soldato del convoglio sparò contro di esso un torrente di proiettili, alcuni con le torrette delle loro jeep, altri con i lanciarazzi.
Sideways invece era riuscito a dileguarsi nel caos scatenato dal Decepticon sconosciuto. Un ricognitore bianco, argento e nero che nella sua permanenza sulla Terra aveva scansionato e assunto l’aspetto di un’auto sportiva. La difficoltà dell’inseguimento era dovuta alla sua elevata velocità di corsa... troppo veloce, anche per Ironhide! Quindi Lennox scelse di lasciare questo compito alle nostre tre amiche Autobot motocicletta, mentre Sideways devastava un magazzino spazzando via tutto quella che gli capitava a tiro come un modo per rallentare i suoi inseguitori.
Un semplice corriere durante la Guerra per Cybertron , egli non era avvezzo al combattimento e lo evitava a ogni costo, proprio come stava facendo adesso. Le Sorelle Amazzoni gli erano immediatamente dietro, con i loro rispettivi piloti olografici ancora attivi per non spaventare gli umani nel caso ne avessero incontrati.
Sideways sfondò il muro opposto del magazzino, uscendo all’aperto, ma si schiantò contro un vecchio furgoncino dei gelati in un vicolo. Nonostante il grande ostacolo, egli riprese la fuga, e Arcee dovette ammettere che lei e le sue sorelle non lo avrebbero mai catturato correndo in altmode in eterno. Allora, in tacito accordo, le tre passarono alla forma robotica ad armi sguainate: l’Amazzone rosa aprì il fuoco con le pistole; Chromia correva più veloce che poteva nel tentativo di danneggiare almeno il retro di Sideways; Elita One, infine, lo marcava dal fianco.
Intuendo a quale gioco stavano giocando gli Autobot, il Decepticon si trasformò davanti a un condominio, abbattendone una parete con tutto il suo peso mentre cercava di schivare gli attacchi in arrivo con una capriola in avanti. Sordo e cieco alla presenza umana, egli scavalcò anche un mezzo da cantiere semisepolto in un fosso e anche le Sorelle Amazzoni che gli stavano bloccando i fianchi. Nel farlo, ironicamente, rotolò di lato e atterrò a testa in giù, per poi continuare a correre a piedi.
— Ma voi Schifo-bot non sapete quando arrendervi, eh? – esclamò Sideways, già avvertendo i primi segni della fatica.
Mentre le Amazzoni lo tenevano sotto controllo, il NEST circondò l’area per tagliargli la strada, con i tre Autobot alle sue spalle in altmode. Questa volta toccherà a Sideswipe, pensò tra sé Arcee sospirando. Immediatamente il guerriero figlio di Ironhide spinse al massimo l’acceleratore della sua Corvette Stingray e altrettanto in fretta passò alla forma robotica; la sua natura di Autobot con l’anima di un soldato nel corpo di un atleta lo aveva aiutato in più di un’occasione sul campo di battaglia e la sua agilità lo rendeva adatto agli inseguimenti frenetici a piedi, grazie alla particolare composizione delle gambe che lo facevano assomigliare più a un pattinatore che a un pilota.
— Vuoi combattere? – lo canzonò Sideways – Ti accontento subito!
Il Decepticon non si curava di quanti umani lo avevano visto man mano che fuggiva. Tuttavia, la sua spavalderia scemò all’improvviso non appena ebbe Sideswipe davanti a sé, impedendogli di proseguire oltre. Da come gli rivolse la parola, sembravano rivali da lungo tempo similmente a Bumblebee e Barricade.
— Tra tutti i maledetti Autobot... proprio te devo beccare?!? – cominciò stizzito.
— Oh, così mi offendi! – rispose il guerriero rosso sarcastico, mani ai fianchi – Non starai pensando di fuggire, vero?
— Non mi fai paura!
— Ma va’? Allora perché i tuoi piedi si muovono tremando come una foglia?
E aveva ragione. Sideways, d’istinto, stava piano piano indietreggiando, ma ciò non voleva dire che difettasse di coraggio: — Comunque, tu sei da solo! – esclamò con boria – Posso trasformarti in un involtino primavera in un niente!
— Vallo a dire alle mie lame! – disse infine Sideswipe, sfoderando le sue amate spade tanto da far vacillare il nemico.
Invece di accettare il duello, Sideways scelse di ritirarsi in altmode , costringendo l’Autobot a ritrasformarsi e a inseguirlo nuovamente, questa volta attraverso la galleria di un’autostrada e cercando di non urtare ignari automobilisti nel traffico. Poi, una volta uscito all’aperto, il Decepticon accelerò ancora lasciando Sideswipe nella polvere. No, non era il momento di arrendersi, quell’auto doveva essere fermata, dovesse essere costretto a tagliarla in due con le sue lame!
Beh, in effetti, ci riuscì. Appena costrinse il nemico in un angolo, infatti, Sideswipe lanciò dei colpi di pistola di avvertimento a un soffio dalla testa del Decepticon dopo che questi stava cercando di arrampicarsi su un edificio in forma robotica. La lama della spada penetrò così a fondo nella schiena di Sideways e avrebbe voluto tranciargli di netto la spina dorsale, ma la sua programmazione non avrebbe potuto abbassarsi allo stesso livello dei Decepticon. Nonostante i suoi difetti e la sua etica di “andare oltre gli schemi”, Sideswipe era un Autobot proprio come tutti noi.
Appena vidi il mostro bianco e rosso, capii subito che non apparteneva a questo mondo... o almeno, non apparteneva agli standard di Cybertron. Non aveva nulla di antropomorfo, a parte le ampie spalle, la presenza di una testa e lunghe e possenti braccia che nell’ altmode erano la benna dell’escavatrice. La testa, di colore rosso, aveva connotati insettoidi e due paia di occhi giallo dorato, mentre non vedevo nulla che potesse assomigliare a un busto umanoide – solo due grandi ruote cingolate, di cui una usata per muoversi e l’altra posta sopra la testa.
— Uhm... questo Decepticon non mi è nuovo... – commentai, osservando il campo di battaglia dagli schermi della base.
— Bah, per me sono tutti uguali! – sbottò Ironhide, ormai quasi in preda a una crisi di nervi – Sarà un privilegio farlo a pezzettini! E io non ne potevo più di stare qui a girarmi i pollici!
Era una creatura terrificante, invero, ed Epps lanciò subito l’ordine di abbatterla. Così, nella pioggia dapprima silenziosa, emersero il ruggito delle Gatling e il fischio dei missili, oltre al canto dei mitra e alle urla dei soldati. Ormai spazientito, Ironhide si lanciò contro l’insolito Decepticon, sordo all’inferno degli elicotteri abbattuti e persino ai richiami dei suoi compagni umani.
Vide il gigante farsi largo sull’autostrada, abbattendo persino un cavalcavia con le ruote durante il percorso, oltre a qualche sfortunata auto. Lasciò dietro di sé una scia di distruzione tale che nemmeno un veterano di guerra come Ironhide riusciva a sopportarne la vista. Disgraziatamente, però, si era avvicinato troppo, certo di scalfire la pelle metallica del mostro con i suoi cannoni, e con orrore non solo scoprì che era più resistente di qualunque altro Decepticon incontrato finora... ma fu anche abbattuto dai razzi della bestia.
Assistetti alla caduta del mio specialista d’armi dai computer della base e nella mia testa riecheggiò la crudele risata di Starscream prima del suo altrettanto maligno commento: — Questo sarà un chiaro messaggio per Optimus Prime. I Decepticon sono tornati... e non siamo soli!
Ciò mi spinse a entrare in azioni, lasciandomi trasportare dal C17 del NEST abbastanza vicino al mio compagno ferito e allo stesso tempo a questa nuova minaccia. Non mi importava i danni che avrei riportato cadendo dal cielo, la salute di Ironhide veniva prima della mia. Appena il boccaporto del velivolo fu aperto mi tuffai a tutta velocità in altmode . Raggiunto il lato opposto, tornai in forma robotica aprendo tutti e quattro gli arti il più possibile per vincere la resistenza dell’aria anche con l’aiuto dei paracadute.
Non atterrai direttamente a terra, anzi sfruttai gli edifici circostanti per completare la discesa. Avevo portato con me un kit di riparazione e dell’Energon fresco per Ironhide e presi un po’ di tempo per un sommario pronto soccorso sul campo. Uff, ero arrivato appena in tempo!
— Non capisco. – esordii confuso – L’ AllSpark non c’è più... eppure i Decepticon sono tornati!
— Tzè. E la cosa ti sorprende?! – mi rispose il mio specialista d’armi – Quei bastardi sono sempre un passo avanti a noi!
Quando trovammo il colosso Decepticon che avanzava minaccioso verso di noi – si faceva chiamare Demolishor – sapevo già cosa fare: non volevo ucciderlo, piuttosto interrogarlo sulla sua apparizione sulla Terra e scacciarlo dalla città senza causare ulteriori danni collaterali.
Ma prima dovevo occuparmi del mio compagno ferito: — Questo è davvero un Con diverso da tutti gli altri! – esclamò, esaminando il nemico una seconda volta – Dobbiamo fermarlo!
— Concordo. – gli risposi annuendo, prima di ordinargli: — Tu torna alla base e fatti curare da Ratchet, Ironhide. Io ti raggiungerò tra poco.
L’altro scosse la testa e a fatica si rimise in piedi: — Naaaaah, voglio darti una mano. Sono duro a morire, ricordi?
Risi sotto la maschera: per quanto vecchio, Ironhide era uno degli Autobot più cocciuti e fisicamente più resistenti della mia squadra. Quindi gli permisi di partecipare.
Demolishor era abbastanza vicino ai cannoni di Ironhide, mentre io lo sorpresi alle spalle in altmode , raggiungendolo da uno svincolo laterale. Nel momento in cui egli tagliò in due un ponte con le sue grandi ruote cingolate, mi trasformai e gli saltai letteralmente addosso in un modo così spettacolare che persino il mio specialista d’armi rimase a bocca aperta! Volarono via diversi detriti: parti del ponte, auto, e rottami dei cartelli stradali.
Grazie ai Tredici, riuscii ad aggrapparmi alle spalle del mostro, il quale mi guardava con i suoi occhi dorati con la stessa espressione di un umano appena punto da un insetto: — Accosta, Demolishor! – gli ordinai con gentilezza – Non voglio farti del male!
Sfortunatamente il mostro non collaborava, così occupato a muoversi da una parte all’altra per farmi cadere e schiacciarmi con i cingoli, maledicendomi e inveendo contro di me. Subito Ironhide capì che ero in difficoltà, quindi mi raggiunse a piedi e sparò alcuni colpi di cannoni su Demolishor per neutralizzarlo e metterlo al tappeto nei pressi di un magazzino.
Il sito era devastato, probabilmente per l’improvviso ingresso del mostro. Una cannoniera sorvolò l’area e puntò un faro nel buco del tetto. Lo avevamo fermato appena in tempo, ora potevamo interrogarlo circa le sue vere intenzioni e in seguito avremmo deciso cosa fare di lui.
Egli era a terra, circondato dalle forze Autobot e del NEST e danneggiato. Lo avevamo ferito alla testa, una delle ruote era rotolata via e le braccia erano o distrutte o disarticolate dal resto del corpo. Ci avvicinammo tutti cauti, poiché il nemico era sì impotente ma ancora pericoloso.
— Verme di un Decepticon! – imprecò Ironhide, sputandogli addosso un boccone amaro – Allora è proprio vero che “Più sono grossi, più rumore fanno quando cadono”!
Io invece rimasi calmo, col Blaster a ioni già pronto al fuoco in caso d’emergenza: — Dimmi, Demolishor... perché ti nascondevi a Shangai?
— Non vi dirò nulla! – ruggì il nemico, fissandoci con odio.
Per tutta risposta Ironhide voleva terminarlo con i suoi cannoni, certo com’era che non avremmo mai ricavato alcuna informazione da Demolishor. Io tuttavia lo fermai, sempre in modo pacato: — Non deve per forza finire male. Devi solo rispondere alle nostre domande e poi ti lasceremo andare, vivo... ma solo se collaborerai con noi.
— Tradotto, sarebbe: «Quali sono le tue ultime parole?» . – precisò il mio specialista d’armi, insolitamente nervoso. Non mi piaceva quello sguardo.
E finalmente il mostro parlò, ma le sue parole erano tanto avvelenate quanto criptiche, quasi una profezia: — Non sarete voi a governare questo pianeta. Il Caduto sta per risorgere!
Tutti si guardarono scioccati, inclusi gli umani, e mi pareva di aver sentito il Sergente Epps mormorare «Non sembra una buona notizia!» . A me, detto francamente, si gelò l’Energon nelle vene e strabuzzai gli occhi dal terrore: per la prima volta avvertii un’inedita sensazione di angoscia e paura. Non mi riferisco alle mie prime avventure su Cybertron durante la guerra, ma era una paura più antica, percepita solo dal mio subconscio. Le storie del primo traditore non erano una mera leggenda: Megatronus Prime ... il Caduto, appunto... esisteva davvero! E chiunque egli fosse realmente avrebbe potuto essere molto più pericoloso e potente dello stesso Megatron!
Non... oggi!
La voce di Ironhide, seguita da un colpo di fucile, mi ridestò dalla trance, mostrandomi una scena completamente diversa rispetto a pochi minuti prima: Demolishor, la creatura con cui stavo conversando, giaceva a terra privo di vita con una ferita d’arma da fuoco sul cranio. Il Maggiore Lennox e altri rivolsero occhiate di disaccordo al mio compagno, rimproverandolo in silenzio per essere stato eccessivo.
Quanto vorrei che ci fosse stato un altro modo , dissi tra me e me. Per cui anch’io mi unii al malcontento generale ed ero già preparato a come reagire al solito commento cinico di Ironhide: — Che c’è? Al mio posto l’avresti fatto volentieri!
— Siamo Autobot! Noi non uccidiamo i prigionieri indifesi. – lo ammonii con voce ferma ma pacata, sebbene mal celasse il velo di tensione che mi serrava la gola.
A malincuore il mio amico si girò stizzito e si allontanò borbottando qualcosa tipo: «Ma guarda che guastafeste mi trovo appiccicato addosso!» . A parte l’attimo di ilarità, questa recente scoperta non solo aveva portato altre vittime nella nostra guerra contro i Decepticon, ma mi aveva persino sconvolto fino alla Scintilla quasi al pari della quasi perdita di mio figlio Bumblebee. Per i Tredici... che cosa stava succedendo?
CONTINUA...
Chapter 4: 03 - Oscuri presagi
Summary:
Capitolo molto breve, lo so, ma almeno sono riuscita a condensare il più possibile due delle mie sequenze di ROTF preferite: il colloquio col Direttore Galloway (IMHO un arrogante e ipocrita forse in combutta con i Decepticon) e tutta la parte che va dalla resurrezione di Megatron alla sua udienza col Caduto, qui rivista come un incubo di Optimus. Nella mia rilettura della storia, il rapporto maestro-allievo tra i due potrebbe essere benissimo sostituito da un legame paterno, trasformando così Megatron un mostro semidivino che darebbe un senso alla sua inspiegabile capacità di assorbire la forza vitale dai nemici vista nei videogiochi (DOTM e War for Cybertron soprattutto).
Inoltre, l'inedita e costante sensazione di angoscia e paura che avvolge Optimus dà un senso al motivo per cui il Caduto ce l'ha con i Prime - se avete letto i fumetti prequel dei film, sapete di cosa sto parlando. Buona lettura, comunque.
Chapter Text
Negli ultimi due anni, una squadra avanzata di Autobot si è rifugiata qui sotto il mio comando. Insieme, formiamo un’alleanza con gli umani... una squadra segreta di coraggiosi soldati chiamata NEST. Diamo la caccia a ciò che resta dei nostri nemici, i Decepticon, nascosti in diversi Paesi del globo.
***
*** OPTIMUS PRIME POV ***
Diego Garcia, Avamposto NEST
Gli eventi di Shangai non passarono inosservati agli occhi del Pentagono. Noi eravamo appena rientrati e il NEST stava scaricando le bare dei caduti dai trasporti. Ci stavamo riprendendo fiato quando Lennox mi avvertì dell’arrivo di un elicottero Blackhawk e batteva bandiera USA. Alle mie spalle i miei compagni stavano discutendo ansiosi ed emozionati allo stesso tempo: dicevano che alla nostra base sarebbe arrivato un “ospite speciale”, inviato direttamente dal Governo.
Si chiamava Theodore Galloway; un umano adulto, sui quarant’anni, stempiato e con gli occhiali. Era in completo blu scuro, e aveva appena mostrato alle guardie il suo visto di accesso riservato quando Lennox lo raggiunse per stringergli la mano: — Direttore Galloway, che onore! – lo salutò cordialmente – Le farei da guida, ma per farlo dovrebbe essere nell’elenco degli accessi riservati.
— Ora ci sono. – tagliò corto l’altro, appiattendogli il visto dritto al petto – Per ordine del Presidente, Maggiore. Ho un messaggio per i tuoi riservatissimi amici spaziali. Avete fatto un casino a Shangai...
Era appena entrato alla base, facendosi accompagnare da Lennox che gli mostrava gli ambienti interni incluso l’hangar dove riposavano gli Autobot, quando stavo scambiando due parole con Ironhide per distrarlo anche per le brutte ferite subite; ci scherzammo anche sopra, ma non ero bravissimo quanto Jazz con le battute. Comunque, non avevo tempo per scherzare con i miei compagni: avevo bisogno di consultarmi col Centro di Comando NEST al Pentagono, in quel momento in linea attraverso un nuovo sistema di comunicazione quantica che avevamo installato tempo prima, circa le inquietanti scoperte fatte.
Il portavoce era lo stesso uomo che ci aveva dato il via libera alla fondazione della nostra milizia, il generale Morshower: ― Will, ho visto l’operazione di Shangai. Giornata dura per voi, eh?
― Sissignore. – rispose Lennox, parlando dall’altra parte dello schermo – Abbiamo notizie che meriterebbero un immediato debriefing. Ora, col suo permesso, non posso farglielo vedere, ma vorrei che ascoltasse il leader degli Autobot... il Comandante Optimus Prime.
― Procedi.
Una volta ricevuto l’okay dal generale, finalmente potevo presentarmi davanti agli schermi e al resto dei compagni umani del NEST... trasformandomi davanti a loro. Le loro reazioni erano di comprensibile meraviglia. Sentii persino Epps e il mio luogotenente Jazz commentare al riguardo.
― Viene da chiedersi: se Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza... lui chi l’ha fatto?
— Be’, in un certo senso, anche noi siamo “figli di Dio”, Rob. – rispose il suo interlocutore a braccia conserte, con le spalle contro il muro – Solo che il nostro è donna ed è grossa quanto un pianeta.
― Jazz, ti prego, non è il momento! – lo fermai serio. Dopodiché mi rivolsi al generale: — La nostra task force ha anticipato sei incursioni Decepticon quest’anno, una per ogni continente: è chiaro che stanno cercando qualcosa nel mondo. Ma lo scontro dell’altra notte ha portato un avvertimento...
Allora, come prova che sostenesse la veridicità delle mie parole, riprodussi l’ultimo messaggio di Demolishor prima di morire. Ebbi di nuovo i brividi a riascoltarlo, mentre sui volti dei miei colleghi umani – compreso lo stesso generale Morshower – si leggeva invece scetticismo o confusione. Anche il nostro ufficiale medico Ratchet, lì accanto a me, sembrava preoccupato: — Optimus... hai idea di chi possa mai essere questo “Caduto”?
— No. L’unica storia documentata della nostra specie era contenuta nell’AllSpark... che si è persa con la sua distruzione. Siamo riusciti a recuperarne dei pezzi, ma quel poco che abbiamo recuperato non ci è molto utile.
— Chiedo scusa, ma...
Il Direttore Galloway si schiarì la gola per attirare l’attenzione, perché io e Ratchet ci voltassimo verso di lui. Voleva mettere alla prova le mie conoscenze su una creatura così antica, come se non mi credesse, il che era comprensibile: ci eravamo appena conosciuti.
— Essendo il vostro cosiddetto “AllSpark” andato distrutto, come mai allora il nemico non ha ancora lasciato il pianeta come pensavate? – mi chiese improvvisamente Galloway, mentre saliva le scale della piattaforma davanti a me, ignaro che Arcee e altri miei compagni lo osservavano come un falco.
— Così è lui il portavoce del Presidente? – fu invece la reazione del generale Morshower – Tzè. Immagino non abbia ricevuto quel memo... – aggiunse con sarcasmo, suscitando una leggera ilarità tra i suoi sottoposti.
— Perdoni l’interruzione, Generale... – proseguì Galloway, facendosi largo tra i soldati per voler parlare con me a quattr’occhi – Dopo tutti i danni di Shangai, il Presidente ha, ehm... difficoltà a dirsi soddisfatto. Ora, secondo il riservato Atto di Coalizione Inter-specie, voi sintetici accettate di condividere con noi l’Intelligence, ma non i vostri progressi negli armamenti.
— Abbiamo visto l’attitudine alla guerra di voi umani. – gli risposi, puntandogli il dito contro – Vi porterebbero sicuramente più male che bene.
— Ma chi sei tu per dire cos’è meglio per noi, Comandante? – s’infuriò Galloway, non contento che fossi io... un sintetico... a insegnargli che la penna era ed è più potente della spada.
— Col dovuto rispetto... – intervenne il Maggiore Lennox, anche lui contrariato – Combattiamo fianco al fianco sul campo da due anni...
— ...versando sangue, sudore e prezioso metallo insieme! – aggiunse Epps, dandomi un’amichevole pacca sullo stivale.
— Soldato! Ti pagano per sparare, non per parlare! – lo rimproverò allora il direttore NSA.
Il Sergente distolse lo sguardo borbottando «Non tentarmi!» tra i denti. Dalla sua espressione corrucciata, temevo che avesse intenzione di mettergli le mani addosso per essersi rivolto a lui in malo modo, quindi gli chiesi con gentilezza di calmarsi.
Dopodiché, Galloway riprese il senno e proseguì: — A-ehm... e i tuoi nuovi acquisti, Comandante? So che sono arrivati qui grazie al tuo messaggio che hai inviato nello spazio... un aperto invito a venire sulla Terra, vagliato da nessuno alla Casa Bianca!
— Se permette, la interrompo, signor Galloway... è stato vagliato qui! – esclamò Morshower, l’unico a essere rimasto passivo durante tutto il colloquio – E, per esperienza, le valutazioni sia del Maggiore Lennox che del suo team sono da sempre immuni da ogni rimprovero.
— Per come la mette, Generale, la posizione del Presidente è che quando è in gioco la Sicurezza Nazionale... NESSUNO è immune da rimprovero!
Galloway si fermò qualche secondo, poi riprese: — Dunque... cosa sappiamo noi, finora? Sappiamo che il leader nemico... classificato ENB1, alias Megatron... sta arrugginendo in pace sul fondo dell’Abisso Laurenziano, circondato da reti di localizzazione SOSUS e una costante sorveglianza sottomarina. Sappiano, inoltre, che il solo frammento rimasto del vostro AllSpark alieno è sigillato in un caveau elettromagnetico qui, in una delle più sicure basi navali del mondo.
Speravo di riuscire a cambiare ciò che un tempo era stato mio fratello maggiore, piuttosto che essere costretto a ucciderlo. Ciononostante, avevo comunque suggerito non solo a Ratchet ma anche a tutto il gruppo di non abbassare la guardia ora che il comando era passato a Starscream, un avversario lungi dall’essere prevedibile.
Galloway mi sembrava convinto, eppure non aveva ancora finito di considerarci responsabili della minaccia alla sicurezza della Terra: — E siccome nessuno è in grado di dirmi che cosa sta cercando il nemico adesso, beh... non resta che una conclusione.
Poi, con fare da padrone, si rivolse ai miei compagni: — VOI... gli Autobot... sono qui per stanare voi! Che altro cercherebbero sulla Terra a parte questo? «Il Caduto sta per risorgere»? È una profezia di un certo peso. Quindi ti chiedo, Comandante: se dovessimo concludere che la Sicurezza Nazionale ne guadagnerebbe negandovi ulteriore asilo sul nostro pianeta... voi andreste via, pacificamente?
— La Libertà è un diritto. Se ci farete questa richiesta, la onoreremo. Ma... prima che il vostro Presidente decida, gli chieda questo... – e gli proposi una domanda ancora più impegnativa e seria: — Se noi ce ne andassimo... e vi foste sbagliati?
— È una bella domanda. – concordò il Maggiore Lennox a mezza voce.
Mi avevano davvero messo sulla graticola! Sapevo che organici e sintetici erano in ottima simbiosi tra loro fin dalla fondazione del NEST, e neanche mi capacitavo che il Governo potesse credere che gli attacchi dei Decepticon fossero spinti dalla vendetta, fino al punto da considerare la possibilità di cacciarci dalla Terra. Anche Lennox e Morshower erano in conflitto quanto me, mentre io non avevo ancora trovato qualcuno disposto a decifrare i miei insoliti timori circa il Caduto.
In realtà, però, il mio amico Sam aveva in parte risolto il mio rompicapo. Il suo contribuito nella battaglia di Mission City era stato vitale per la sconfitta di Megatron, sebbene ormai per i Decepticon fosse visto ormai alla stregua di un bersaglio per aver distrutto l’AllSpark. A tal proposito, mio figlio Bumblebee mi riferì che, mentre stava partendo per il college, il suo protetto umano aveva toccato un frammento del Cubo rimasto incastrato nella sua vecchia felpa e aveva iniziato a causare gli stessi sintomi del suo trisavolo quando aveva attivato per errore il sistema di navigazione di Megatron incidendo le coordinate dell’AllSpark sui suoi occhiali.
Da allora il ragazzo aveva delle visioni confuse, perché il Cubo aveva trasferito nel suo cervello tutta la sua conoscenza residua. Aveva persino seminato il panico in classe scrivendo in Cybertroniano e farfugliando di nozioni di cui egli stesso non era addirittura a conoscenza. Chiesi dunque a Bumblebee di organizzare un incontro segreto l’indomani, per informarlo dei recenti avvenimenti e per aiutarlo a dare un senso ai suoi “crolli mentali”.
Tuttavia, l’avvento del Caduto non mi faceva dormire la notte da ormai alcuni giorni, nonostante fossi abile a nascondere le mie ansie durante le classiche giornate a Diego Garcia. Di giorno ero normale, ma di notte mi svegliavo dopo solo poche ore di sonno piangendo in silenzio... neanche se soffrissi di Mal di Spark!
Stavamo ripulendo il disastro causato dal Decepticon Ravage quando si era infiltrato nel nostro caveau per rubare la “nostra” scheggia dell’AllSpark, quando feci saltare dalla sedia Jazz e Ratchet dalle mie urla di agonia, con grosse lacrime che mi scendevano lungo le guance... di nuovo. Grazie a Primus era tarda notte e nessun altro era sveglio. Mi stringevo la testa mentre cercavo di calmarmi e di metabolizzare che cosa avevo visto. Una visione? Un avvertimento? No, era il mio più grande timore: Megatron si era rifatto vivo!
***
Nel sogno, la squadra di ingegneri Decepticon conosciuta come “Constructicon” era approdata di nascosto a Deep Six, l’avamposto militare a guardia del luogo di sepoltura di Megatron nei pressi dell’Abisso Laurenziano. Li vidi immergersi a gran velocità verso la tomba di mio fratello; una volta là, con parti di ricambio e il frammento dell’AllSpark rubato, i Constructicon riuscirono nell’impresa e il sito di Deep Six fu devastato dalla loro furia alimentata dalla sete di vendetta nel cuore di Megatron.
— Le reti che proteggono ENB1 stridono, signore!
— Novemila-trecento braccia di profondità e nessun veicolo di salvataggio nei paraggi?
— No, signore.
— Penso proprio che abbiamo un problema...
Poi sentivo le urla degli umani che inviavano inutilmente richieste di soccorso alla terraferma, voci rimaste inascoltate e sepolte nelle profondità dell’oceano Atlantico – nemmeno i miei compagni Autobot riuscirono a impedire a Megatron di riemergere dall’acqua e a volare via, verso il cielo e oltre. Tornò a casa, da qualche parte nello spazio, in una base segreta dove c’era il suo braccio destro Starscream ad attenderlo. Mi rimbombavano ancora le loro voci nella testa.
— Lord Megatron! Sei proprio tu?!? Quanto mi ha... sollevato sapere della tua resurrezione!
— Davvero, Starscream? – ruggì il suo padrone, con un tono di voce tale che lo fece sentire piccolo: — Mi hai lasciato morire su quel patetico pianeta degli insetti! – aggiunse contrariato.
— Solo per cercare rinforzi, signore... lo ha decretato il Caduto. – si giustificò l’altro, sorridendo in modo patetico – D’altronde, qualcuno in tua assenza doveva pur prendere il comando...
Ma Megatron ricordava molto bene quello che era successo durante la sua assenza, come la disastrosa operazione a Shangai che aveva costato la vita di due Decepticon. Quindi gli afferrò la gola come per strangolarlo e sentenziò furioso: — Che delusione! Anche da morto, sono sempre io al comando!
Con gran sollievo del Comandante Celeste, però, l’attenzione del suo padrone al momento non era per lui. Era già in cammino verso il sarcofago del Caduto, l’istigatore di tutta la sua malvagità. Mi faceva ribrezzo scoprire che Megatron e il suo “padrone” (o era “maestro”?) condividevano il sangue e la fame di potere; Sentinel l’aveva adottato apposta perché il Male dentro di sé non emergesse... invece era successo, e il risultato era alla portata di tutti.
Il vero seme della nostra guerra non era Megatron stesso... ma un antico e rancoroso mostro incatenato a un trono arrugginito!
Mio fratello si chinò al suo cospetto, dimostrandosi sinceramente dispiaciuto e addolorato nel vedere il suo ritrovato genitore in quelle misere condizioni: — Oh, padre... ho fallito sulla Terra! L’AllSpark è distrutto e, senza di esso, la nostra specie perirà.
— No... hai ancora molto da imparare, figliolo. – lo rassicurò l’altro – Il Cubo non era che uno scrigno. Il suo potere e la sua conoscenza non saranno mai distrutti, si possono solo... trasformare.
— Com’è possibile?!?
— È stato assorbito... dal ragazzo umano che ha contribuito alla sua dipartita. La chiave per salvare la nostra specie è racchiusa nella sua mente.
— Beh... allora lascia che gli strappi la carne di dosso con le mie mani! – lo interruppe mio fratello, già pregustando il momento in cui avrebbe messo le mani sul povero Sam.
— Potrai farlo, figliolo... a tempo debito. Per millenni ho sognato il mio ritorno su quel miserabile pianeta, dove un tempo anch’io venni tradito... da quei Prime che chiamavo miei fratelli! Solo un Prime può sconfiggermi, e ora... ne resta solo uno.
— Optimus... mio fratello! – intuì Megatron, trattenendo a stento una smorfia – Egli protegge il ragazzo!
— E il ragazzo ci condurrà al Mieti-Soli. Trovalo, figlio mio, e io ti ricompenserò con i poteri della Dinastia. Anche tu sarai un Prime... un Dio... il Re dei Re di tutti i Cybertroniani!
— Me ne sto già occupando io. – intervenne Starscream – Il ragazzo non ci scapperà, ormai lo teniamo sotto tiro... grazie alla nostra esca “Alice”.
Venire a sapere che i Decepticon stavano cercando Sam mi svegliò l’indomani. Mi guardai in giro confuso, ero ancora a Diego Garcia. Tremando, cercai di alzarmi, e nell’atrio principale della base trovai alcuni dei miei alleati. Mi sembravano piuttosto preoccupati: certo, e tutta colpa della profezia di Demolishor... e questa strana angoscia che mi torturava da quando l’avevamo sentita. Come se una voce nella mia testa mi stesse mettendo in guardia non solo sull’imminente arrivo del Caduto sulla Terra ma anche... oh Primus onnipotente! Che stesse annunciando anche la mia morte?!?
Il ragazzo ci condurrà a lui... e nostra sarà la vendetta!
***
CONTINUA...
Chapter 5: 04 - Sacrificio
Summary:
Forest Battle... una delle scene di combattimento più memorabili del Bayverse. Ed è anche la scena che mi è rimasta impressa più a lungo di tutto ROTF. Tutti si ricordano la morte di Optmus nel Movie '86, ma io ricordo questa in particolare... che adesso è resa più drammatica sia con la pioggia sia con la presenza di Elita One! Ricordate il casino a Tyger Pax nel prologo? Beh, ora apprenderete le conseguenze qui...
P.S. Ho tagliato il più possibile perché Bay purtroppo ha scelto deliberatamente di girare il film senza uno straccio di sceneggiatura, mettendo troppo coinvolgimento umano. In questo AU lascerò parlare i robot, invece... altrimenti questa storia non si chiamerebbe "Transformers"!
Chapter Text
*** OPTIMUS PRIME POV ***
Ormai non potevo più tornare all’hangar per cercare di riaddormentarmi, avevo la mente in subbuglio per quanto stava accadendo. L’attacco a Deep Six e la conseguente resurrezione di Megatron, purtroppo, erano reali e stavamo ancora contando i feriti quando il Maggiore Lennox mi rivolse la parola: ― Optimus, hai un minuto?
― Di che si tratta, Lennox? – sospirai preoccupato – È successo qualcosa?
― Naaah, nulla di grave. Volevo solo dirti che, da un po’ di tempo, mi sembri più stressato del solito e non sorridi più, eppure... continui a mantenere quella scintilla che ispira i tuoi compagni a seguirti perfino all’Inferno! Non so come fai a mantenere il sangue freddo in tutto questo casino.
― Ma non sono perfetto! – ribattei – Non sono quell’eroe senza macchia come mi dipingono le storie di guerra di Ironhide: sbaglio come tutti gli altri, e le conseguenze dei miei errori possono essere catastrofiche.
― Non dire così, Optimus! Gli altri Autobot ti seguono ciecamente e ti rispettano.
― Perché mi sono guadagnato la loro fiducia.
― Beh, non solo. Oserei dire che ti vogliono bene... alcuni più degli altri.
Io lo guardai imbarazzato: ― Lennox! Si può sapere perché mi stai dicendo tutto questo?
Per tutta risposta il mio collega umano mi riferì dei miei ripetuti tentativi di evitare lo sguardo di Elita e di Bumblebee, rifiutandomi anche di toccarli. Comprensibile, non eravamo giunti sulla Terra per vivere come nuovi guardiani dell’umanità ma per portare avanti una guerra che aveva distrutto il nostro mondo natale. Tuttavia, il Maggiore insisteva che non era tanto quello il motivo di tanta freddezza quanto una sorta di “crisi coniugale” – l’aveva davvero chiamata così. A malincuore dovetti spiegargli che tutto era nato con l’incidente di mio figlio che gli costò la voce, a causa del quale avevo perso la testa al punto da voler uccidere Megatron...
— Fu quella terribile reazione violenta ad allontanarla da me. – sospirai affranto – La colpa è solo mia, Lennox. Mi sono lasciato troppo andare dalle emozioni, e ti prometto che non commetterò mai più lo stesso errore.
— Tranquillo, ragazzone. – mi consolò ridendo il Maggiore – Noi maschi siamo fatti così: a volte facciamo cose di cui potremmo pentirci quando siamo incazzati. Tu invece no, mi sembri un Bot con la testa ben avvitata sulle spalle... un brav’uomo, che non farebbe del male neanche a una mosca.
L’espressione usata mi lasciò senza parole. Di nuovo Lennox provò a rassicurarmi: ― Rilassati, Prime... non devi vergognarti!
― Io non mi vergogno affatto! Sono solo... sorpreso. Avresti dovuto dirmi «Sei un bravo Bot», non sono fatto di carne come te.
— Il punto è che sei molto più simile a noi. Più... umano di qualsiasi altro uomo o donna che io conosca. Voglio dire... se sei così emotivo, allora non sei un mostro come i Decepticon... perché hai un’anima che ti permette di ridere e piangere come noi. Inoltre, riguardo alla tua storia con la Matriarca, invece di nasconderti dalla vergogna chiedile scusa prima che sia troppo tardi. Anch’io ho una famiglia, sai? – poi, dandomi le spalle, aggiunse: ― Ora devo lasciarti. Tu cosa fai?
Gettai lo sguardo sulla porta aperta della base, ed espressi il desiderio di recarmi a parlare con Sam per metterlo in guardia sugli ultimi avvenimenti e invocare il suo aiuto... e aggiungerei finalmente. Diedi appuntamento a un cimitero, alla periferia della città, accompagnato da Bumblebee. Per quanto cercassi di mantenere una certa freddezza, sentivo già la tensione nelle parole del ragazzo quando fu il primo a rompere il silenzio.
― Mai un attimo di tregua, eh? Neanche un giorno di pace al college...
Io mi feci comprensivo e lo guardai come si guarda un bambino: ― Desolato, Sam. Ma sei qui perché questa missione si è complicata più del previsto...
Il ragazzo dunque si fece attento.
— Il frammento dell’AllSpark custodito dal NEST è stato rubato. Quel che è peggio è che, secondo i nostri alleati, pare abbiamo attirato la vendetta sulla Terra... e forse hanno ragione. Ecco perché deve essere un umano a ricordare loro la fiducia che c’è.
— Questa non è la mia guerra!
— Non ancora... ma temo che lo sarà ben presto. Il vostro mondo non deve subire lo stesso destino di Cybertron. Intere generazioni perdute...
— Credimi, io vorrei aiutavi, ma non sono il vostro ambasciatore. – esclamò Sam, spiazzandomi – Sono solo un ragazzo normale con problemi normali. Il mio posto è dove sono adesso... la vita da soldato non fa per me! Mi dispiace, io...
In parte lo capivo: i ragazzi come lui dovrebbero solo pensare a crescere e imparare dalla vita, non dalla morte. Cercai di persuaderlo ancora, ma aveva già girato le spalle e stava tornando da Bumblebee: — Di rado il Fato ci lascia decidere al momento della chiamata. – conclusi.
— Certo... – disse Sam prima di salire in auto – Ma tu sei Optimus Prime, un supereroe vero. Non vi servo io.
Ci servi eccome, figliolo... più di quanto immagini. – pensai, mentre guardavo mio figlio riaccompagnare Sam al college... alla sua vita normale. Quanto avrei voluto avere anch’io una vita normale, senza una guerra dolorosa e il fardello del comando sulle spalle.
Sconsolato, potrai a risollevare il mio umore invitando Elita a un’uscita di ricognizione insieme, ma continuavo a essere sommerso dall’angoscia del velo di oscurità che si stava avvicinando all’orizzonte. Poi, meno di ventiquattr’ore dopo, fui chiamato da Bumblebee, insolitamente ansioso e preoccupato. E, dal tono di voce, mi pareva anche che stesse piangendo. Vestiti i panni del padre, lo rassicurai con tutta la dolcezza che avevo e senza perdere la calma. Ma non ero per nulla calmo, del tutto impreparato nell’apprendere ciò che temevo di più. Una compagna di scuola di Sam si era rivelata essere una Decepticon in incognito (sospettai fosse la “Alice” citata da Starscream nel mio sogno) e aveva cercato di fare del male a lui e al suo compagno di stanza Leo... prima di essere uccisa da Mikaela.
L’ultimo contatto noto del ragazzo era stato un piccolo distretto industriale a Burbank, dove era stato avvistato Blackout, il mastino personale di Megatron. Sì, era sopravvissuto a Mission City contro ogni previsione, ma ero sicuro che fosse stato recuperato e riparato da Starscream dopo la morte del suo padrone. In ogni caso, il mio giovane amico umano era in pericolo e questa volta... ripeto, questa volta... avrei affrontato personalmente mio fratello maggiore, con la promessa di resistere alla mia tentazione di ucciderlo.
***
— Avvicinati, ragazzo. Di più...
Trovai mio fratello nei pressi di una fonderia abbandonata vicino al college di Sam. Lo aveva rapito e non piaceva quello che stava succedendo lì dentro. Riuscivo solo a osservare la scena solo attraverso le finestre, contenendo a stento la rabbia. Aveva chiamato Sam invitandolo a farsi avanti, nonostante egli ostentasse un certo timore nei suoi confronti. E nonostante Megatron usasse un tono di voce rassicurante nel goffo tentativo di apparire meno minaccioso.
— Ti ricordi di me, vero? – gli chiese.
Ovviamente sì. Un mostro ossessionato dall’AllSpark, tanto prezioso quanto pericoloso... nonché la reliquia che lo aveva condannato a morte nella battaglia finale di Mission City – il ragazzo gliel’aveva conficcata nel petto, mettendo fine alla sua vita. Adesso che era tornato, però, non desiderava altro che vendicarsi e lo immobilizzò a un tavolo con i suoi stessi artigli lunghissimi con l’intenzione di torturarlo.
— Uhm... che bella sensazione afferrare la tua carne! – lo sentì sibilare inorgoglito – E ora ti ucciderò... lentamente e dolorosamente!
— Ehi... qualunque cosa tu stia cercando, te la darò! – balbettò Sam, in preda al panico – Non è necessario ricorrere alla violenza.
Megatron esplose in una crudele risata: — Oh, invece sì! Pregherai per non morire rapidamente, mentre io me la prenderò comoda.
— M-ma... perché io?!? La mia testa è vuota, non so niente. Sono... sono una tabula rasa, ecco!
— Ah! Fai lo spavaldo anche davanti alla morte, vero, ragazzo? Potrei staccarti braccia e gambe, ma prima abbiamo un delicato lavoro da fare. Dottore, esamina questo esemplare alieno!
Detto questo, Megatron lasciò Sam alle poco amorevoli cure del Mini-Con microscopio Scalpel. Inorridito, distolsi lo sguardo per non vedere il piccolo Decepticon armeggiare sull’umano con le sue sonde, mentre mille pensieri mi scorrevano nella testa. Prima mio figlio Bumblebee e adesso il mio amico umano: ora avevo un più di un motivo per fare a pezzi... no, dovevo restare concentrato e non lasciare che l’ira e la vendetta annebbiassero la mia capacità di giudizio. Ero un Autobot e non era da me abusare della mia forza per appagare la mia collera, lo avevo promesso a Lennox.
Quando i miei occhi tornarono sulla scena nella fonderia, Megatron aveva già estratto una serie di rune che indicavano la presenza di un’arma nascosta sul pianeta... o una fonte di Energon, da quanto avevo capito. Per decodificarle, tuttavia, dovevano essere estratte, e purtroppo con un procedimento invasivo per Sam.
— Cosa intendi per “il mio cervello”?!? – si spaventò, temendo per la sua vita.
— Oh no... – lo rassicurò mio fratello con parole ingannevoli – È solo una cosa nella tua mente che mi serve.
— Senti, lo so che ce l’hai con me. Anch’io lo sarei al tuo posto se mi avessi ucciso, ma possiamo ricominciare da zero. Chissà, potrebbe essere l’inizio di una bellissima amicizia...
Grazie ai Tredici li interruppi al momento giusto, non potendo più sopportare oltre. Io e Bumblebee li scacciammo dalla fonderia mentre io portai al sicuro Sam. Megatron e i suoi invece riuscirono ad aprirsi un varco all’aperto, con me e mio figlio immediatamente dopo. Si stavano spostando verso la radura boscosa antistante alla struttura, determinati a non arrendersi. Mentre Bumblebee portava via gli amici di Sam, ora la mia missione era distrarre mio fratello e guadagnare tempo per il ragazzo in modo che potesse nascondersi dai Decepticon.
Quando ci affrontammo nella foresta, Megatron non era cambiato per niente dall’ultima volta che aveva avuto l’idea di mettere le mani su un umano, e peggio ancora su un ragazzo nostro alleato; e per quanto mi riguardava, egli era un mostro oltre ogni dire! Gli ordinai dunque pacatamente (beh, non molto pacatamente, visto che non mi sentivo più io, come se a prevalere non fosse il saggio e diplomatico Prime ma il puro istinto guerriero) di rinunciare a Sam e alla conoscenza dell’AllSpark contenuta nel suo subconscio, ma lui non voleva sentir ragioni.
— C’è un’altra fonte di Energon nascosta su questo pianeta. Il ragazzo può condurci a essa.
Non era per nulla uno scontro leale, se devo essere sincero. Ero, infatti, da solo contro tre Decepticon, portando il mio valore di guerriero al massimo delle mie capacità – ora ero occupato con Starscream e Blackout, ora invece con Megatron, il più pericoloso dei tre. Non ebbi quei preziosi cinque secondi per riprendere fiato o recuperare lo svantaggio, quando fui sospinto violentemente indietro da un assalto aereo del vile Comandante Celeste e vidi Megatron caricare un calcio così potente da sfondare la maschera, facendomi perdere l’equilibrio. E un attimo dopo mi trovai a terra qualche metro più in là, abbattendo gli alberi lungo il cammino, dopo aver ricevuto un colpo del Cannone a fusione di Megatron.
Fui raggiunto non da Sam, lì ad assistere alla battaglia con crescente preoccupazione nascosto dietro un albero abbattuto, ma da Blackout. Avevo subito gravi danni e lui era già pronto a finirmi, fino a quando ricomparve un Megatron compiaciuto nel vedermi a un passo dalla sconfitta.
Alzati... RIALZATI!
Sentivo urlare il ragazzo, sgomento nell’avermi visto compiere quel volo orribile. Ma sentivo anche la voce di Megatron: — Il futuro della nostra specie non vale una singola vita umana?!?
Intanto, già fecero capolino le prime avvisaglie del temporale che si abbatté sul campo di battaglia, lavando via il sapore del metallo. Nonostante mi bruciasse il petto e le ginocchia scricchiolassero, a stento trasalii in ginocchio e preparai le Lame da Battaglia con la certezza che mi sarebbero servite. Avevo forgiato il mio fisico nel corso degli eoni, e sarei stato in grado di spazzare via i nemici con facilità se fossi stato più fresco e meno danneggiato.
— Non ti fermeresti mai a una! VI AFFRONTERÒ TUTTI! – gli risposi, nuovamente e faticosamente in piedi, quasi per miracolo.
Mi lanciai contro i tre Decepticon, alimentato da una nuova linfa che ignoravo di possedere. Un’inedita ferocia si impossessò di me, come non avevo mai sperimentato prima. In qualche modo la mia Scintilla sapeva che sarebbe arrivata la mia ora; stavo lottando fino alla fine. Ero diventato nient’altro che un guerriero senza obblighi di sopravvivere e ispirare. I miei soli obiettivi erano allontanare Megatron da Sam e far ritirare i suoi seguaci. Li avevo risparmiati ancora una volta sì, ma se non altro li avevo feriti tanto nel fisico quanto nell’orgoglio, oltre alla frustrazione di assistere alla demolizione di Blackout senza neanche strappargli in due il volto con un paio di uncini!
La mia battaglia, però, non era ancora finita. Per quanto avessi stupito Sam nell’assistere a una spettacolare lotta uno-contro-tutti, il miracoloso recupero fu passeggero e tornai a zoppicare e sopportare il peso dei danni ricevuti. Mio figlio Bumblebee si precipitò a soccorrermi e, per la prima volta in vita sua, lo vidi sinceramente preoccupato per le mie condizioni; ma quello che mi spaventava di più era che... per i Tredici, aveva portato anche Elita One!
La mia Scintilla era in subbuglio: da una parte ero felice di rivederla, sollevato che fosse giunta ad aiutarmi nel mio momento di estremo bisogno. Dall’altra avevo paura... sì, paura che non mi avesse accolto col suo proverbiale calore, e anzi provavo un insolito freddo nei suoi confronti. Come se fosse distante, sordo alle mie preghiere di ricevere almeno un abbraccio.
— E tu che cosa ci fai qui? – le chiesi in tono stanco, reggendomi a fatica sul tronco di un albero.
Anche la sua voce era fredda e avvelenata: — Sono venuta perché ero in pensiero per te, non perché ti ho perdonato.
— Sto bene, Matriarca. Apprezzo la tua...
— Basta con le bugie, Optimus! – mi tagliò corto lei, furiosa – Megatron ti ha colpito al volto con un calcio!
— Non sono in vena di litigare con te, né di riaprire vecchie ferite. – sospirai – Sono a pezzi e voglio riposare...
Fu il proverbiale momento di calma prima della tempesta, finché si spezzò al ruggito di un tuono. La mia mente si riaccese ma non la vista, sfocata dallo sporco e dalla pioggia – Megatron aveva causato seri danni alla testa con quel calcio. Freneticamente mi voltai confuso da una parte all’altra alla ricerca di Sam, non trovandolo più da nessuna parte... certo, si era nascosto, ma non era ancora del tutto fuori pericolo.
Poi qualcosa spinse Elita di lato, scaraventandola a terra. Una mano mi afferrò un braccio tirandolo all’indietro come per fare leva e, all’improvviso, una lama mi trapassò la schiena schizzando un arco di Energon azzurro sull’erba bruciata e bagnata dalla pioggia. La voce di Megatron risuonò come una condanna: — Fa male, vero? Come io ho conosciuto l’oblio, così ora lo conoscerai anche tu! Addio, fratellino... sei così debole!
Aveva appena commesso il più crudele dei crimini: pugnalare alle spalle il suo stesso fratello! Per tre secondi Elita e Bumblebee rimasero bloccati sul posto come in stasi, prima di tornare alla normalità – lo avevano sentito anche loro, e sinceramente più la prima che il secondo. Neanche se ne capacitavano, nel vedermi stringere la lama con entrambe le mani nel tentativo di estrarla da solo, e contorcermi e dimenarmi in preda al dolore... fino a non provarne affatto quando Megatron fece esplodere il suo Cannone a fusione nella Camera Spark!
Non c’era alcuna traccia di senso di colpa sul suo volto, solo una lussuriosa soddisfazione. Invano le gambe cercarono di sostenere un corpo appunto debole, nell’attimo esatto in cui egli estrasse la lama dal petto. Poi... mi accasciai a terra, lo sguardo rivolto al cielo.
In quel momento Elita si svegliò come da un incubo e, disperata, si tuffò verso di me urlando. Io invece ero a terra, immobile, privato inaspettatamente della mia proverbiale forza di volontà che mi aiutava spesso a lottare anche contro la morte. Ma Megatron mi aveva rubato anche quella, e adesso... mi stavo lentamente lasciando andare... verso l’inevitabile.
Mio fratello sparì nella pioggia insieme a Starscream, prima di volgere un ultimo sguardo alla Matriarca che premeva le sue piccole mani sulla mia Scintilla per non farla spegnere, mentre io le rivolgevo un sorriso colmo di promesse.
— No... per la Dea, no! Orion, guardami... non puoi... non ora che abbiamo i rinforzi! – urlò Elita, scoppiando a piangere senza freno.
Aveva capito che la situazione era grave, aveva capito che non doveva più essere così distante: il suo amore aveva bisogno di lei... no, io avevo bisogno di lei... mi serviva il suo affetto, ora più che mai. Cercavo di guardarla negli occhi, ma la vista mi stava affievolendo. Le iridi brillavano debolmente come la Scintilla, e anche se prossime alla fine assunsero un’espressione autoritaria. Volevo che ricordasse di me come un uomo forte e fiero.
— Lita... scappa... porta Bumblebee e il ragazzo via di qui. – rantolai, prendendole con gentilezza la mano, con un rivolo di Energon che colava da un angolo delle labbra.
Lei mi pregò di non morire, le sfiorai il petto, ma fece solo sì che singhiozzasse più forte: — N-non lasciarmi... m-mi dispiace... – tossii, a un passo dalla fine – Senza te... farcela da solo... p-perdona... i-io ti am...
Lei mi stringeva una mano per incoraggiarmi a non arrendermi, ma non risposi più né mi muovevo. L’Energon non pompava nei sistemi... nel profondo una voce insisteva che non valeva la pena. E nel frattempo tutto divenne sempre più scuro. Cielo nero... pioggia nera e purpurea... le voci sparirono... la Scintilla si fermò... cominciò a far freddo, molto freddo... l’oscurità che mi avvolse... colori che sbiadivano... occhi che si spensero... niente battito.
L’arrivo dei miei compagni ruppe il silenzio della pioggia, proprio mentre i miei occhi divennero bui... e di riflesso Bumblebee ed Elita cominciarono a sentire male al petto per la Connessione Neurale spezzata. E una presenza oscura nell’angolo più remoto della mia mente annunciò al cielo il segnale tanto atteso.
L’Ultimo Prime... è morto!
E così Megatron aveva vinto: uccidendomi, aveva permesso al suo vero padre di spezzare le catene che lo tenevano prigioniero nel suo sarcofago. Il Caduto era finalmente sorto, io... caddi... sprofondai nell’oblio...
***
CONTINUA...
Chapter 6: 05 - Tempi bui
Summary:
E così Optimus Prime è uscito di scena. E adesso? A parte un breve interludio nell'Aldilà con lui protagonista, questo capitolo è dedicato alla nostra Mamma Autobot preferita, Elita One. Cosa farà adesso che "il Caduto sta per risorgere"? Potrebbe prendere lei il comando degli Autobot, direte voi...
Uhm... forse... 🙄
P.S. Se avete osservato attentamente Jetfire, noterete che ha in qualche modo assimilato il ruolo di mentore dell'eroe protagonista da Alpha Trion... perché io credo che il buon vecchio Bot sia l'equivalente Bayverse del famoso personaggio G1. In questo caso, il precettore/guardiano/figura paterna/nonno di Elita. Ebbene sì, questo Bayverse è molto più "Elita-centrico" del solito, perché Bay non sa scrivere storie come me! 😜
Chapter Text
*** ELITA ONE POV ***
Hangar NEST, New Jersey
No... per la Dea, no! Orion... non puoi...
Mi tremavano le braccia, fu come se il mondo intero si fermasse. Il petto mi bruciava come lava bollente, strinsi gli occhi nel ricordare cos’era successo, come non ero riuscita a salvarlo e di come l’avevo sottovalutato. Era davvero cambiato, era davvero tornato a essere l’uomo che amavo.
Ti supplico, Orion... tu non sei morto. Parlami di nuovo, ascolta la mia voce...
Mi chiamavano “la Matriarca”, poiché tutte le donne Autobot mi riconoscono come guida al pari di Optimus con i suoi compagni... mi vedevano come la loro regina, la Regina delle Amazzoni. Ma come potevo esserlo ora che la mia Scintilla cercava disperatamente di raggiungerlo, di salvarlo dall’abbraccio della morte? Avrei dovuto saperlo, non avrei dovuto essere fredda con lui: se non lo fossi stata, lo avrei avvertito dei rischi di rincorrere Megatron da solo, anche per strappare il giovane Sam dalle sue grinfie. Di sicuro l’amore che provavo per lui – benché intiepidito col tempo – gli avrebbe impedito di farsi uccidere.
Ratchet mi visitò appena rientrai alla base. Anche lui conosceva Optimus, ma soprattutto era a conoscenza del legame speciale che condividevo con lui. Quando esaminò la Camera Spark, rimase stupito di come io fossi ancora viva invece di essere collassata per il dolore o, peggio, impazzita dalla collera e col desiderio di vendicarmi. Diceva che gli ricordavo troppo il poema umano chiamato Iliade, perché mi ritrovavo nelle stesse condizioni del mitico Achille quando venne a sapere della morte del suo migliore amico.
— Stai parlando di me... o delle mie sorelle? – gli chiesi confusa.
In effetti, condividendo una sola Scintilla in tre corpi, anche Arcee e Chromia avevano avvertito il mio stesso dolore, e avevano reagito in maniera diversa. L’una sembrava sul punto di piangere come me e desiderava solo abbracciarmi e consolarmi; la seconda non ci vedeva più dalla rabbia e aveva passato gli ultimi cinque-dieci minuti a insultare, maledire e inveire contro Megatron con parole che non voglio nemmeno ripetere.
— Ho chiesto a Lennox ed Epps di trasferire qui il corpo di Optimus, cosicché possiamo dargli tutti gli onori che gli spettano. – proseguì l’ufficiale medico cauto – Promettimi solo che non mi impedirai seppellirlo o, peggio, di implorarmi di riportarlo in vita.
— Cosa vorresti dire con questo?
— Le ferite più profonde sono quelle che si formano dentro di sé, ma non c’è medicina che possa guarirle. Si può solo alleviarle ricordandoti che non sarai mai sola e che noi saremo sempre per te.
— Cercherò di non complicarti la vita, Ratchet. – gli promisi.
— Lo spero con tutto il cuore. – sospirò lui – Oggi hai già sofferto abbastanza, ragazza.
Lasciai l’infermeria col cuore più leggero e fu allora che incontrai i primi ufficiali della squadra umana del NEST, i quali furono dolcissimi a farmi le condoglianze per la mia perdita. Epps si trovò imbarazzato nel non trovare un modo per chiamare Optimus, ma per comodità risposi tranquillamente che la Connessione Neurale tra me e il Comandante era identica al concetto umano del matrimonio – sì, “marito” mi sembrava un titolo adatto per lui.
— Matriarca... – aggiunse poi Lennox – So cosa significa perdere una persona cara. Il dolore ti scava dentro come una larva e non ti molla più. Non avrei voluto aggiungere altro dolore alla tua vita, ma...
— CHE SIGNIFICA TUTTO QUESTO?!?
Sentimmo delle urla e dei rumori fuori dall’hangar, oltre a una gran confusione di Autobot e veicoli. Vidi, infatti, il C17 del NEST riportare a casa ciò che rimaneva di Optimus e lo aveva sganciato verso il suolo; la caduta che ne conseguì fece volare delle scintille al contatto del metallo col cemento. Immediatamente Ironhide, Sideswipe e altri si misero a guardia del corpo per proteggerlo dall’arrivo dei veicoli militari che non conoscevo... soprattutto lo specialista d’armi era fuori di sé e urlava contro i soldati mettendo in mostra i suoi famosi e spaventosi cannoni.
— Forza, Prime... – stava dicendo Ironhide, sfiorandogli delicatamente il capo con la punta del piede – Digli che è tutta una messinscena. Rimettiti in piedi e mostragli che stai solo fingendo.
Più volte ripeteva lo stesso ritornello ma non passò molto quando le carezze col piede si trasformarono in calci, per fortuna non così forti da danneggiare ancora il suo volto rifiutandosi di cedere a un esaurimento nervoso davanti a tutti.
— Porco Unicron, Prime... svegliati! – proseguì il poveretto, ormai al limite – Non puoi farmi questo! ALZATI, DANNAZIONE!
Era il suo modo di elaborare il lutto: non accettare che Optimus era morto. Aveva gli occhi dei compagni e dei soldati NEST puntati addosso ma a lui non importava; al momento il suo mondo non si estendeva oltre il suo migliore amico. Era perseguitato dai rimorsi e dalla collera, mentre io ripensavo a quella richiesta di aiuto sussurrata quasi disperatamente e in punto di morte: Non lasciarmi... senza di te non posso farcela da solo... io ti amo. Anche davanti alla morte, Optimus voleva che ricordassi del nostro legame nonostante gli errori del passato.
Ma adesso dovevamo pensare al presente... alle conseguenze della morte del nostro Comandante. Un improvviso lampo squarciò in due il cielo del crepuscolo con un rombo assordante e le ombre di meteore lasciarono nel tappeto arancio una scia biancastra di fumo – da come si muovevano, non erano dei nostri: i Decepticon ci stavano invadendo! Un altro tuono assordante e nei sistemi degli Autobot, così come in tutti gli schermi del mondo, fece capolino una voce sinistra che sembrava provenire dall’Oltretomba... sospettai che fosse “il Caduto” di cui Optimus aveva discusso col direttore Galloway giorni prima.
Cittadini dell’alveare umano... i vostri leader non vi hanno detto il vero: non siete soli in questo universo! Abbiamo vissuto tra di voi, nascosti... ma ora non più. Come avete visto, possiamo distruggere le città a piacimento... a meno che non ci consegniate questo ragazzo. Se ci resisterete, distruggeremo il mondo come ora!
Un messaggio che fece accapponare la pelle a tutti, il nostro piccolo amico umano era diventato un ricercato in tutto il globo! Non potevo restare a guardare inerte mentre i Decepticon devastavano le metropoli per stanarlo... povero Sam, in che guaio si era cacciato? I suoi genitori potrebbero essere preoccupatissimi o, peggio, in pericolo come lui!
Ti prego, Prime... non puoi essere morto!, sentivo Ironhide alle mie spalle mentre si stavano avvicinando gli Hummer militari e gli altri Autobot giungere sul luogo della confusione, messi in allarme dalle urla del compagno furibondo. La milizia era pronta a intervenire, così come Lennox, in quanto partner umano dello stesso Ironhide.
— Ma che fai? Che cosa ti è preso? – urlò, palesemente preoccupato per la violenta reazione dell’amico.
Poi, però, i militari persero il controllo della situazione ed estrassero le armi, facendo infuriare ancora di più il nostro specialista d’armi, il quale agitava a destra e a manca i suoi cannoni in modo minaccioso: — Cos’è questa storia? Osate puntarmi addosso un’arma!? Volete mettermi contro di me? Vi faccio a pezzi e vi mangio!
Con mio sollievo, Lennox si precipitò immediatamente, ordinando ai suoi di abbassare le armi, e io mi feci da parte quando batté le mani sul covano di uno dei veicoli. Nemmeno io volevo affrontare la collera di Ironhide, ma il mio principale obiettivo non era solo un soldato in lutto ma anche... il direttore del NSA in persona, giunto sul luogo per lamentarsi ancora una volta del recente e repentino precipitare degli eventi.
— Il tuo team NEST è disabilitato, Maggiore. – esordì l’uomo secco, mentre usciva da uno dei blindati, e ho il sospetto che fosse stato lui a ordinare di “arrestarci”: — Dovete cessare le operazioni anti-Decepticon e ritornare a Diego Garcia... fino al nuovo ordine.
— No, signore. – rifiutò Lennox – Noi prendiamo ordini direttamente dal Capo di Stato Maggiore Morshower.
— Beh, io vedo il tuo Capo di Stato Maggiore Congiunto e rilancio... con un Presidente degli Stati Uniti! – e tirò fuori dalla tasta un documento tutto spiegazzato come per dire “ecco, non sono bugiardo”: — Ho io il comando delle operazioni, adesso. – proseguì – Una faida tra alieni minaccia i nostri confini, e ora i nostri soldati ne stanno pagando il prezzo!
Leggevo la tensione crescere nei volti di Ironhide ma, soprattutto, in quello di mia sorella Chromia; era sempre stata una tipa irascibile ed estremamente protettiva nonostante fosse “solo” la sorella mediana del nostro terzetto di Amazzoni. Questo non è il tuo campo, ‘Mia. – le dicevo attraverso la nostra Connessione Neurale, quella tra sorelle. Ma la risposta non era delle più rassicuranti.
— E, secondo te, che cosa dovrebbe testimoniare quel pezzo di carta? Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere la ricetta per i biscotti all’Energon...
Sentivo il sangue ribollire nelle vene della Matrona e si sforzava di contenere la sua rabbia; il che era difficile, dato il suo attuale livello di stress. Stai calma, sorella. – le ordinai pacatamente – Non è il momento né il luogo di discutere. Cerca di restare lucida.
— Lo sono quando sono arrabbiata.
I miei pensieri, in quel momento, furono interrotti da Galloway, che annunciò con un tono tale che mi preoccupava: — Il segreto è svelato! Ora è la nostra guerra... e la vinceremo nel modo di sempre: con la coordinazione militare e la strategia!
— Tzè. Questo sciocco è terribilmente malinformato! – fu il commento abbastanza seccato di Ratchet, alla mia destra insieme a Sideswipe. In circostanze normali avrei riso alla battuta, ma in quel caso umani e robot erano tutti tesi e bastava anche un soffio di vento per scatenare l’inferno.
— Vi serviranno tutti gli assetti che avete per farlo. – esclamò Lennox, indicando naturalmente noi, con tono protettivo e furioso.
— A noi servono solo piani di battaglia... – lo interruppe Galloway – Mentre noi esploriamo ogni possibile soluzione diplomatica.
— Ad esempio? Consegnare il ragazzo?
— È una possibilità, sì. Dovremmo considerare ogni opzione a disposizione.
Che umano ipocrita ed egoista! Era davvero così senza cuore da suggerirci addirittura di cedere Sam ai Decepticon? Che ne sarebbe stato della Terra e dei suoi abitanti? Non potevo credere che anche negli umani esistesse la malvagità, e dubitavo fortemente che fosse l’intermediario ufficiale del Presidente. Sospettai invece che poteva essere una marionetta dei Decepticon, inviato qui da Megatron o da Starscream per spiarci... altrimenti perché comunicare ad alta voce la posizione del cadavere della nostra nemesi e dell’unico frammento dell’AllSpark sopravvissuto a Mission City? Dovevo fare qualcosa... dovevo prendere il comando della squadra.
— Qualunque cosa i Decepticon cerchino, non è che solo l’inizio! – intervenni, sorprendendo tutti. L’inaspettata saggezza delle mie parole portò speranza nei cuori e nelle Scintille dei miei compagni, organici e sintetici.
Questo attirò l’attenzione di Galloway, il quale mi rivolse uno sguardo acido: — Comprendo il tuo dolore per la perdita del tuo Comandante, signorina, ma non hai l’esperienza per prenderne il posto.
— Mi creda, Galloway, sono molto più tosta di qualsiasi altra soldatessa umana. Forse da fuori potrei sembrarle fragile, ma condivido con Optimus l’esperienza del comando. Pertanto le consiglio di non chiamarmi più “signorina”!
— Puoi dirlo forte! – esclamò Ironhide, in mia difesa – Lita è in grado di spararti nelle palle se provi a guardarla dalla parte sbagliata!
Intanto, anziché essere aggressivo, anche Lennox cercò di ragionare con l’uomo. Ora la sua voce era tornata quasi normale: — Non cercherete di negoziare, spero...
— Ti ordino di ritirarvi! – fu la risposta diretta del nostro “portavoce”, naso a naso col Maggiore. Sul suo volto si leggevano una forte determinazione e sicurezza.
Di nuovo sentivo la rabbia di Chromia crescere in risposta alla sua pungente insolenza. Le suggerii in silenzio di sforzarsi, con ogni fibra del suo corpo, di tenere i propri nervi sotto controllo, per impedirle di mettere fisicamente le mani addosso a qualcuno... o, peggio, di picchiarlo. Non è il tuo campo, ‘Mia. – ripetevo attraverso la Connessione Neurale, quasi come un mantra.
Ormai al limite, il Direttore allungò una mano verso Lennox e gli strappò con decisione la toppa con l’emblema militare dalla divisa: — Questa ormai non ti servirà più! – sentenziò – Prendi i tuoi “assetti” e riportali alla base! – poi, allontanandosi e indicando il corpo di Optimus, concluse: — E riporta quell’ammasso di inutili rottami a Diego Garcia!
Fu la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso! Mentre Galloway si avviava verso l’auto, fu bloccato da un enorme piede metallico... il piede di Ironhide, che gli lanciava uno sguardo assassino che diceva: «Dove credi di andare?!?». Anche lui sembrava intenzionato a schiacciare quell’umano che tanto non gli piaceva. Sinceramente non temevo per lui, ma per mia Chromia che non ne poteva più di restare al suo posto, la tensione era palpabile, e alla fine... BANG!
Prima che chiunque potesse muovere un dito, la Matrona si lanciò su Galloway, facendolo sbattere contro il fianco del veicolo, quindi lo tirò indietro col rischio di strappare il retro del suo costoso vestito. L’umano la guardava con l’e-spressione da cane bastonato, con Chromia che ormai aveva smesso i panni della brava ragazza ed era diventata una vera assassina!
— Razza di gran maleducato, infimo e arrogante sacco di carne! – urlò con violenza, i suoi occhi azzurri da Autobot bruciavano come fiamme ossidriche sul volto del povero portavoce – Quel “ammasso di inutili rottami” ha dato la vita per salvare gente come te! Se gli mancherai di rispetto ancora una volta, ti strapperò come un foglio di carta! Hai capito, piccolo bipede viziato dei miei servomeccanismi?!?
Non la smetteva più di inveire contro Galloway. Cercai di intervenire, ma Ironhide fu più veloce di me e la sollevò delicatamente sulla sua spalla, impedendole di uccidere l’umano. Certo, non era simpatico a tutti, ma non era questo il modo in cui bisognava comportarsi; inoltre, avevamo un Protocollo da rispettare e tra queste regole c’era quella di non alzare mai le mani sugli umani, compresi i bulli e gli arroganti.
Il poveretto cercò di metabolizzare quanto gli era successo: un Autobot... per giunta una donna... lo aveva appena aggredito! E a rincarare la dose ci pensò Ironhide che, con spietata freddezza, intimò Galloway a sparire prima che anche lui perdesse le staffe. «Avete commesso il più grande errore della vostra vita!», furono le ultime parole prima di decidere finalmente di abbandonare la base.
Per la Dea, la morte di Optimus stava mettendo a dura prova i nervi dei miei compagni!
— Non mi è mai piaciuto quel tizio... – mormorò Epps, lì accanto a me. A quanto pareva Ironhide e Chromia non erano gli unici a dare dell’imbecille a Galloway.
— Mi spiace che stia andando tutto storto, ragazzi. – sospirai, rivolta al Sergente e a Lennox.
— Non è colpa tua. – mi consolò questi – Quando abbiamo accettato di collaborare con voi Autobot, speravamo di rendere la Terra un luogo sicuro per tutti... e invece ci ritroviamo col Comandante morto e un ragazzo ricercato su scala globale neanche se fosse il peggior criminale della Storia.
— Forse dovremmo lasciare la Terra... – si rammaricò Ironhide alle mie spalle. Non lo avevo visto così sconvolto, di punto in bianco.
— Non è ciò che vorrebbe Boss-Bot. – lo fermò Jazz, terribilmente serio. Quindi si incamminò verso il corpo di Optimus come per esaminarlo, e tutti gli altri lo seguirono.
Mi faceva ancora male la Scintilla vederlo così, anche se ironicamente aveva un aspetto un po’ dolceamaro: era così bello con quelle fiamme rosse e blu, così in pace, e a un primo sguardo fu come se stesse dormendo serenamente. Se ero la Regina delle Amazzoni, lui era un magnifico principe di una stirpe dimenticata da eoni... e io non potevo fare a meno di sorridere con le lacrime appese ai margini degli occhi.
— Confesso di non sapere che fare di un Transformer morto. – fece un Lennox imbarazzato, grattandosi la nuca, con un tono di voce che si sentiva appena – O meglio... di un Autobot morto, che è anche stato il nostro migliore amico.
— Conosci la procedura, Will. – gli rispose Jazz – Ficcalo in una scatola e buttalo nel mare.
— Diamine, e dove lo troviamo un container abbastanza grosso da infilarci quattro tonnellate di metallo morto?!? – esclamò improvvisamente Epps, la cui ironia non riuscì a stemperare a sufficienza la già cupa atmosfera.
Lennox neanche rideva, aveva lo sguardo puntato su di me: — Uhm... non so, Epps. Qualcosa mi dice che dovremmo prima dedicargli una veglia funebre degna di un eroe di guerra... è il leader degli Autobot, dopotutto. – poi, rivolgendosi a me, aggiunse: — Matriarca, fino a prova contraria, ora sei tu il capo dei tuoi simili. La decisione spetterà a te.
A quel punto non risposi. Con l’aiuto di Jazz, spostai delicatamente le braccia di Optimus sul petto per coprire lo squarcio lasciato da Megatron, in una posizione tale che sembrava davvero dormendo. Dopodiché espressi il desiderio di restare accanto al corpo per cercare di provare un po’ di sollievo dal Mal di Spark che mi martellava il petto. La luce nella sua Scintilla era sparita, non riuscivo più a trattenere le lacrime, e singhiozzai come una bambina. Per la Dea, l’immagine di lui che supplicava il mio perdono prima di spegnersi davanti ai miei occhi era ancora vivida nella mia mente.
Devo essere sincera: lì feci qualcosa di impensabile, anche per un organico. Mi inchinai su di lui, scostai un po’ di terra e sporcizia e con tenerezza lo baciai sulle labbra... erano leggermente tiepide. Poi lo fissai nei suoi occhi privi di vita: — Nemmeno io posso farcela da sola. – singhiozzai – Lasciamoci Tyger Pax alle spalle ma, ti prego, mandami un segno. Qualunque cosa, pur di andare avanti nonostante il dolore.
Un flebile, breve, segnale pulsò nella mia Scintilla, che percepii come un dolce sussurro nell’orecchio, se non un eco lontano: Sii forte, amore mio. Ma non mi bastava un fantasma, io volevo sentirlo fisicamente: — Io ho bisogno di te, come tu di me... e guarda cos’è successo. Se vuoi che io ti perdoni, così sia. Purché tu non mi lasci... anzi, purché non lasci me e il nostro bambino da soli nelle mani di Megatron e del suo mostruoso padre. Mi manchi, Orion...
Affondai il volto sul suo petto come se potesse cancellare l’orrore cui avevo assistito in quella foresta... e come se potessi fermarlo. Il dolore alla Scintilla era più forte adesso, e quasi ebbi l’istinto di strapparmela dal petto per farla smettere. Quanto mi sarebbe piaciuto essere della sua stessa stazza, cosicché potessi abbracciarlo e stringerlo a me, invece ero “solo” poco più alta di un umano a causa della massa ridotta del mio altmode e quindi mi limitavo a cingergli il collo con le braccia e inumidirgli il volto freddo con le mie lacrime.
— Ritorna da me, Orion. – lo supplicai, senza smettere di singhiozzare – Dammi un indizio, anche piccolo...
Di nuovo l’eco della nostra fragile Connessione Neurale rispose in modo sconnesso ma chiaro: Aiuta il ragazzo... il ragazzo è la chiave. E non poteva che alludere al povero Sam, ora divenuto un bersaglio sia dei Decepticon sia delle Autorità umane grazie al messaggio minatorio del Caduto.
Nonostante lo shock non sia ancora passato, cominciai a sentirmi, come dire, sollevata che Optimus mi stava dando una mano dall’Aldilà... sempre che esistesse davvero un Aldilà anche per noi Cybertroniani. In ogni caso, ero ancora abbracciata al freddo cadavere metallico del mio eroe, il mio migliore amico... il mio grande amore! Che sensazione orribile non sentirlo al mio fianco, o ascoltare la sua profonda voce... insomma, volevo che fosse qui con me! Per ricominciare da zero, essere di nuovo una coppia come ai vecchi tempi... perché nonostante tutto io non avevo smesso di amarlo, anche dopo Tyger Pax.
Non avrei dovuto lasciarlo in quel modo; ero stata troppo dura con lui, e per onorare la sua memoria decisi di andare a cercare Sam Witwicky... da sola.
***
*** OPTIMUS PRIME POV ***
Il mondo era diventato un luogo oscuro e solitario. Non riuscivo a muovermi, né osavo nemmeno provarci. L’agonia che mi formicolava in tutto il corpo era dolorosamente costante. Tutta la mia proverbiale forza mi aveva abbandonato. Perfino le palpebre erano troppo pesanti da sollevare e i miei occhi riuscivano a distinguere una sagoma confusa dinanzi a me. Una voce mi parlava, ma le parole erano distanti, troppo lontane per poterle riconoscere.
Insomma, quello fu il terrificante momento in cui avevo appena assaggiato il sapore della morte!
Nel panico, riuscivo a ricordare un periodo più gelido e spaventoso in tutta la mia esistenza. Tuttavia, non era solo la paura di morire a torturarmi... no, avevo già affrontato e abbracciato la realtà del mio destino tante di quelle volte da diventare estraneo al pensiero della dipartita. Più volte, infatti, mentre mi addormentavo tutte le sere, avevo pensato come sarebbe stato lasciare questo mondo.
No, non era la morte a far battere la mia Scintilla con determinazione o a mantenere sveglia la mia mente. Temevo cosa avessi lasciato alle spalle. Temevo di aver lasciato un gruppo con un fardello e un pericolo più grandi di quanto non lo fossero stati prima. Temevo di morire e di non avere mai avuto occasione di aiutare i miei compagni nel momento del bisogno. Temevo che tutto ciò che avevo fatto in vita mia come Comandante Autobot non fosse stato sufficiente. E soprattutto, temevo di non aver mai più rivisto una persona a me cara... e non c’era nulla che io potessi fare per tornare indietro e impedire che Megatron mi trapassasse il petto con la sua lama...
Optimus Prime! – mi chiamò improvvisamente una voce antica, che riecheggiava nelle orecchie.
Mi guardai intorno ansimando, alla ricerca della fonte della voce.
Optimus Prime! – di nuovo la voce mi chiamò.
— Chi sei? – gli risposi – Dove sei?
Più vicino di quanto pensi.
In quel momento, dagli abissi neri di pece emerse una creatura molto singolare, per non dire spaventosa. Era Cybertroniano senza dubbio, ma molto scheletrico e con un bastone in mano. Aveva un che di familiare ma allo stesso tempo era oscuro e terribile. Non ero sicuro se fosse innocuo o pericoloso, amichevole o manipolatore, benevolo o malvagio.
— Come fai a conoscermi?
— È passato molto tempo, ragazzo. Io e te abbiamo dei trascorsi in comune. Siamo... una famiglia. Certo, tutti mi conoscono come “Il Caduto”, ma forse tu solo ti ricorderai di me col mio nome originale: Megatronus Prime, uno dei Tredici figli originali di Primus.
A quel punto, l’oscuro e antico Cybertroniano fece un passo avanti, verso di me. Io invece, istintivamente, indietreggiai: — Tu sei speciale... sei il Numero Tredici, il Mediatore, il Visionario... colui che mantiene la pace nella nostra gloriosa Dinastia. Noi siamo simili, noi siamo fratelli... gli ultimi Prime.
Mio padre mi aveva spesso raccontato della leggenda del Caduto. Tuttavia, non ero certo se tutto quello che mi diceva fosse o no una menzogna. Eppure la mia Scintilla sentiva che c’era un fondo di verità nelle sue parole.
— Ormai ne sai quanto me, su cosa significa essere un Prime. – quasi mi sussurrò – Significa essere un Re... un Dio tra i nostri schiavi Cybertroniani. Non ti rendi conto degli effetti che hai sui tuoi Autobot? Non riconoscono la tua forza e la tua guida? Non morirebbero per te in battaglia?
Io chinai la testa affranto: — Perdere le persone care è sempre doloroso. Molti valorosi compagni si sono sacrificati in mio nome, sotto il mio comando. Eppure ho potuto rifarmi negli anni: ho vendicato le loro morti, per quanto possibile.
Uno dei freddi artigli arrugginiti di Megatronus scivolò sotto il mio mento, costringendomi a guardarlo. A fissarlo nei feroci abissi scarlatti dei suoi occhi.
— Perché te ne vergogni, ragazzo? È un diritto e un dovere che devono adempiere: morire per te, un Prime. Tu sei il loro signore... il loro divino Re! Tu sei nato per questo.
Scossi la testa: — Non sono il Re o il Dio di nessuno! Io guido i miei compagni Autobot in battaglia contro i nostri nemici, i Decepticon. Combattiamo per la libertà di ogni essere senziente...
— Ma potresti essere ben più di questo! Perché mai ti ostini a degli inutili “nobili obiettivi”? Sei destinato a governare come tutti i tuoi antenati... come me! Noi siamo gli ultimi due Prime! Gli Autobot, i Decepticon, la guerra... niente di tutto questo ti dovrebbe importare, perché tu sei superiore a loro. Cybertron, la Terra e l’intero Universo saranno nostri!
Megatronus allora allungò un invitante palmo aperto verso di me, per un secondo intimorito e allo stesso tempo stregato. Se Lennox o Epps fossero stati qui, mi avrebbero detto che ero sul punto di firmare un patto col Diavolo.
— La guerra finirà, e tu ne uscirai vincitore! – sibilò questi nell’orecchio – Potrai sconfiggere i tuoi nemici con uno schiocco di dita! Tutti s’inchineranno alla tua forza! Mio figlio Megatron spera di ottenere i poteri dei Prime, ma la verità è che... Prime non si diventa, si nasce! E tu sei fortunato a esserlo! Sei nato con un fuoco che aspetta solo di essere scatenato! Una grande fonte di Energon ti darà tutta l’energia di cui hai bisogno per sbloccare il tuo pieno potenziale... e fortunatamente io ce l’ho, il Mieti-Soli!
E quell’invitante mano era sempre più vicina. La fissai con incertezza. Poi, come se animate da una forza invisibile, le mie dita cominciarono a muoversi verso gli artigli di Megatronus.
— Unisciti a me, Optimus! Lascia che ti guidi verso la via che ti spetta! Quando reclameremo l’energia del Sole terrestre, avremo un potere inimmaginabile! Ascenderemo ai nostri legittimi troni e ancora una volta la Dinastia dei Prime regnerà come Dei tra gli insignificanti umani e Cybertroniani mortali. Questo è il mio... nonché il tuo... destino!
Quasi mi vennero le lacrime agli occhi al pensiero di rinunciare a tutto per abbracciare il Lato Oscuro. Nel momento in cui stavo per stringergli la mano, però, scenari nefasti m’inondarono la mente: vidi me stesso corrotto in una specie di demone, i cui bellissimi occhi azzurri si erano trasformati in abissi purpurei colmi di rabbia; la mia famiglia fuggiva terrorizzata il più lontano possibile da me, fino a dimenticarsi di me; i miei stessi Autobot e strani umani armati e in completo nero mi davano la caccia... e ucciso consumato dalla mia stessa follia, completamente solo e schiavo dell’oscurità.
Quando mi resi conto che non era ciò per cui ero nato, il mio sguardo ceruleo si fece duro e acido. Le mie mani si fermarono e si strinsero a pugno, le braccia distese lungo i fianchi.
— Non voglio essere un Dio! E di certo non a discapito della Terra, dei suoi abitanti e soprattutto dei miei amici! Questa è la differenza tra me e Megatron! Tu invece non sei molto diverso da lui: sei spietato, assetato di potere, pazzo... prigioniero della tua stessa oscura ossessione! Non posso credere che tu mi abbia quasi convinto ad abbassarmi al tuo livello!
Megatronus cominciò a ruggire in un modo agghiacciante e il suo volto si contorse in un’espressione adirata: — Tu... osi respingermi?!? Rinunceresti al potere e all’immortalità per degli inutili insetti e un pugno di schiavi Autobot?!? Tu sei un Prime... come me!
— Sì, sono un Prime! – gli risposi inorridito – Ma come te? Mai!
Volevo ancora esternare tutta la mia lealtà e devozione alla Via della Luce quando fui zittito da un colpo della sua lancia, che mi fece crollare a terra. Cercai di trasalire e reagire, ma Megatronus mi schiacciò premendo un piede contro il mio petto.
— Che delusione... – esclamò con la sua voce profonda – Dovevi essere come gli altri nostri fratelli, e presto condividerai il loro stesso destino... l’oblio!
Dopodiché egli sollevò il suo bastone sulla mia testa, pronto a impalarmi. Con le poche forze rimaste, riuscii a staccare il piede dal petto, facendogli perdere l’equilibrio. Da qui gli afferrai la gamba e cercai di lanciarlo lontano, ma lui mi bloccò le braccia, costringendoci in un’estenuante lotta in stile tiro alla fune. Fu allora che caddi in ginocchio, piegato dalla potenza di Megatronus; poi anche le braccia cedettero. Devo resistere!, mi ripetevo in preda alla disperazione.
Ma non fui abbastanza forte da spezzare la sua stretta, anzi caddi sempre più in profondità dell’abisso e cominciai ad avere davvero paura del buio... oltre a quel senso di freddo che non mi aveva abbandonato. Io odiavo il freddo, ancora di più ora che ero da solo, stanco e a pezzi... no, ero morto. Un corpo senza vita che ora provava dolore ora non ne provava affatto; nel mio petto non c’era niente... nemmeno la calda luce della mia Scintilla... la calda luce della vita... ero solo un agglomerato di metallo freddo e sporco che vagava in un limbo infinito.
Sì, assomigliavo letteralmente a uno zombi! Così appariva la mia anima in questo momento, anzi... come un paesaggio malinconico con cumuli di foglie rattrappite che giacciono senza vita e colore sul freddo terreno. Lo spirito di un uomo che viveva da sempre in un interminabile inverno, che scandiva ogni giornata della mia vita con pioggia copiosa e nevicata incessante. Un lungo inverno che non poteva mai essere ravvivato da alcun soffio estivo.
Mi manca il mio bambino... mi manca il mio amore... mi manca il loro abbraccio... ho freddo... tanto freddo...
Mentre cercavo di arrancare nel gelido paesaggio della mia Scintilla vuota, si palesò una nuova visione appartenente a un’epoca lontanissima. Un paesaggio inedito in un tempo indefinito, forse collegato ai tatuaggi sul mio corpo, e quindi alla Dinastia dei Prime, e avevo ragione: era l’inizio della Guerra dei Prime. E per qualche motivo anch’io... o almeno un Bot che gli assomigliavo... ero presente.
Raccogliemmo alleati e truppe per combattere Megatronus e i suoi demoni. Tre nostri fratelli rimasero gravemente feriti, lasciando me, Prima e altri a marciare sul campo di battaglia... là dove regnavano le tempeste, roboanti tuoni, raffiche di vento rabbiose, e scariche di fulmini: era una Terra primitiva.
Gli animali fuggivano dagli alberi, una tribù umana osservava la scena terrorizzata, un raggio di luce accecante squarciava le nuvole e puntava verso il sole. Alcuni uomini, presi dal panico, cominciarono a pregare i loro Dei incattiviti, temendo che fosse arrivata l’Apocalisse.
Con una visuale nitida della luce celeste dall’alto di un dirupo, capimmo che il Mieti-Soli era stato attivato e che i timori circa la pazzia di nostro fratello Megatronus fossero fondati. Prima si voltò nervosamente verso di noi: avevamo deciso di fermarlo prima che distruggesse il sole e con esso quel mondo abitato.
Ci teletrasportammo verso il raggio luminoso, ai piedi del Mieti-Soli. Megatronus si ergeva trionfante sulla sua cima, con le braccia aperte e rivolte verso il cielo... aveva acceso lui la macchina, e adesso stava attingendo dal sole quanta più energia possibile e convertirla in Energon. Dabbasso, concentrammo tutti i Poteri Eterei in vari punti del Mieti-Soli, indebolendone piano piano la struttura nel tentativo di sabotarla. L’Oscuro Guerriero ci squadrò con i suoi ardenti occhi rossi, poi estrasse qualcosa da un incavo della macchina, facendo illuminare le rune circostanti – in questo modo, la macchina fu spenta e il raggio luminoso sparì. Quindi si teletrasportò dritto verso di noi, scatenando un’onda d’urto che ci spazzò via.
— Perché, fratello? – esclamai trasalendo – Quale follia ti ha preso?
— Le mie ragioni non ti riguardano! – ruggì Megatronus, stringendo i pugni – Questo sole è troppo ricco di energia da essere ignorato! Il vostro amore per gli abitanti di questo pianeta vi ha annebbiato la vista!
— Io non voglio combatterti. – insistetti – Ferma la tua collera prima che sia tardi!
— È già tardi! Che il sole di questo mondo sia il primo ad alimentarci!
Anche Prima rivolse parole rabbiose al suo ex fratello: — Ci hai tradito. Hai acceso il Mieti-Soli contro il nostro volere... e hai deliberatamente messo in pericolo la vita di questo mondo! Hai voltato le spalle al nostro stesso Codice!
— Un Codice che ci impedisce di mietere tante potenti stelle! – sputò Megatronus stizzito – E solo per preservare la vita come queste insignificanti creature di carne! Non capite che i nostri bisogni sono più importanti di questi “insetti”? Non capite che noi Cybertroniani siamo superiori a qualunque altra forma di vita nell’universo?
— La vita, qualunque forma abbia, è preziosa... è solo che non ne riconosci più il valore. Tutti meritano la possibilità di crescere proprio come noi. Non possiamo dichiararci superiori agli altri.
Seguendo l’esempio di Prima, anch’io raccolsi tutta la mia saggezza e mi rivolsi a Megatronus: — Forse gli abitanti della Terra non sono avanzati come noi, ma hanno solo bisogno di tempo per evolversi. Sono una specie giovane, ma intelligente.
— Rinuncereste a raggiungere l’illuminazione per un pugno di indegne creature?!? – ruggì Megatronus – Non sono altro che piccoli e fragili pezzi di carne ambulante che potremmo letteralmente schiacciare sotto i nostri piedi! Nonché un sacrificio necessario per il nostro... e mio... bisogno di Energon!
Il Guerriero Lucente e i suoi seguaci caricarono verso Megatronus e i demoni. E così i capi delle rispettive fazioni, a spade sguainate, si schierarono l’uno contro l’altro e si studiarono con lo sguardo.
— Hai perso il rispetto e la reverenza per la vita. La tua sete di potere ti ha corrotto, Megatronus...
— Non sono più Megatronus! Il mio nome è The Fallen... “il Caduto”. Distruggendo te e i tuoi patetici fratelli e ripristinerò l’ordine!
Così dicendo, una legione di mostri emerse alle nostre spalle, sguainando le armi contro di noi. E Megatronus sfoderò la sua lancia contro la Star Saber di Prima, prima di scagliarsi contro di lui. Mio fratello maggiore parò con successo l’at-tacco, e i due cominciarono una danza di guerra, ora l’uno ora l’altro avanzando e indietreggiando, schivando e bloccando l’uno gli attacchi dell’altro.
Alpha Trion e Alchemist Prime si concentrarono su Liege Maximo, che usava un campo di forza per deviare i colpi d’arma da fuoco e rispose sparando le sue Frecce Ligie alle spalle dei nemici. Vector Prime agitò la propria spada contro il Prime delle Menzogne, il quale non solo era occupato a duellare e schivare con lui ma anche a respingere indietro una lancia usando i poteri psichici.
I rispettivi eserciti di guerrieri si scontrarono con le loro armi – dalle spade alle asce – fino a quando cominciarono a spuntare le prime vittime da entrambe le parti.
Liege Maximo scagliò mille lame contro i suoi nemici fino a quando fu paralizzato da una serie di tentacoli che si avvilupparono stretti attorno al corpo – tutta opera di Quintus Prime. Così bloccato, Onyx e Micronus Prime lo bersagliarono con facilità, così come Alchemist e Alpha Trion. E alla fine Vector Prime sferrò il colpo di grazia, decapitandolo.
Intanto, Prima e il Caduto proseguirono il loro duello, finora alla pari. Ma lo stallo si interruppe quando Prima guardò verso il Mieti-Soli. Fu allora che il tempo sembrava rallentare e vide una sagoma rossa, bianca e blu dalle grandi ali scure schizzare verso la cima della macchina e distruggerla con un colpo del suo braccio-cannone. La luce del sole circondava il suo corpo angelico con un’aura divina.
Poi la visione di Prima gli mostrò una violenta lotta tra lo sconosciuto e Megatronus. Lo vide strappare un’ala al suo avversario, prima di essere sfigurato e farsi trapassare il torace dalla sua stessa lancia. Il tempo sembrava fermarsi per un secondo. Prima vide i suoi stessi occhi riflettersi sotto la maschera dello sconosciuto: brillavano con l’ardente luce di un paio di ipnotici soli biancoblu. Quindi il misterioso “angelo” ritrasse l’arma dalla schiena del Caduto e, quando parlò, sembrava la voce di un Prime.
Io sorgo... tu cadi!
E il cadavere di Megatronus si accasciò al suolo. Solenne giustizia invase il cuore di Prima a questa visione del futuro: un suo discendente... un figlio della Dinastia dei Prime... avrebbe portato il giudizio finale su quel mostro!
La vista di Prima sul suo duello col Caduto era tornata. L’odio di quest’ultimo nei confronti del suo ex fratello sembrava bruciare nei suoi feroci occhi rossi.
— Il mio sole sorgerà. – esclamò il Guerriero Lucente in modo criptico – E la tua notte cadrà.
Megatronus lo guardò sorridendogli malignamente: — Parli ancora per enigmi, eh? Beh, anch’io ne ho uno per te: possa il mio Seme calare su Cybertron l’ala della morte e della guerra, affinché termini ciò che io ho iniziato!
Quindi il nemico trapassò il petto del Guerriero Lucente, danneggiandogli quasi la Scintilla. Era pronto a finirlo, ma poi il Caduto sentì una forza misteriosa congelarlo sul posto: stavo usando i miei Poteri Eterei al massimo delle mie capacità per impedire al Caduto di uccidere mio fratello, il quale gemette dal dolore, stramazzando al suolo, consapevole di essere prossimo alla fine... senza mai sapere chi o cosa sarebbe stato il “Seme del Caduto”.
Tutto coincideva. Megatron era sempre stato diverso da me, essendo stato partorito dall’odio e dall’ira di Megatronus; e perché tale oscurità non emergesse e quindi impedire alla profezia di avverarsi Sentinel Prime lo adottò come figlio. Io invece nacqui solo più tardi, dalle ceneri del misterioso tredicesimo Prime... quello che il Caduto aveva chiamato “il Mediatore”. Lo ammetto, avevo ricevuto da quel magnanimo guerriero una specie di trattamento preferenziale, avendo visto nella mia Scintilla una luce molto potente, come quella del sole.
Io ero un Prime fin da quando avevo scoperto quella famigerata connessione con i tatuaggi sul mio corpo... e forse in futuro avrei scoperto di possedere anch’io i grandi poteri tipici della Dinastia. Chissà... potevo essere io il “misterioso angelo” della visione di Prima...
***
*** ELITA ONE POV ***
Grazie alla Connessione Neurale che condividevo con mio figlio Bumblebee, venni a sapere che aveva scortato Sam, Mikaela e Leo in un vicolo abbandonato per nascondersi dalle Autorità. Era notte fonda, il che era perfetto perché potessi farmi vedere in forma robotica in totale sicurezza. Il legame era compromesso, non come spezzato all’improvviso, ma afflitto da una profonda depressione proprio come me.
La sua, tuttavia, era diversa. Optimus era sempre stato per lui un vero eroe, il miglior padre che avesse mai avuto, e saperlo morto il suo cuore si era rotto in mille pezzi. Lo vidi rannicchiato a terra in un angolo, piegato in due da un pianto inconsolabile. Un pianto silenzioso, rotto a tratti dai singhiozzi sordi, poiché ormai sprovvisto di scatola vocale... e il mio piccolo, così come Optimus, continuava a sperare di riavere una voce in futuro.
Sam invece era altrettanto abbattuto e si lasciava consolare e abbracciare dalla sua amata... com’erano adorabili insieme, come me e Optimus in un periodo più felice della nostra vita.
— Non potevi farci nulla. – esordii cauta, non volevo spaventarli.
— Almeno i miei amici stanno bene. – sospirò Sam, staccandosi da Mikaela e rivolgendosi a me – Se mi odi, lo capisco... ho sbagliato tutto.
La magra consolazione fu che Bee aveva sentito tutto e sollevò la testa come per dirgli qualcosa, passando rapidamente tra un canale radio all’altro per formulare una frase di senso compiuto: — Figliolo... tu sei... la persona a cui tengo di più in vita mia. Se hai bisogno di qualcosa, non sarò molto lontano.
— Ma... è morto per colpa mia! – insistette Sam, mettendosi le mani nei capelli – È venuto a proteggermi ed è morto!
— Credi che io non lo sappia? – intervenni – Lui si è spento letteralmente tra le mie braccia! Se mi fossi inventata qualcosa per salvarlo, ti giuro che lo avrei fatto!
— Ci sono cose che non si possono cambiare, mamma. – disse Bee con fare saggio, attraverso la Connessione Neurale – Sappiamo entrambi che Papà non si è sacrificato per niente: ha scelto di morire da eroe. Perché voleva bene a Sam... e a te.
E aveva ragione. Mio figlio era fatto così: come tutti i bambini, la sua Scintilla era pura e perfetta come la luce delle stelle. Guardiane della Terra troppo distanti per avvertirne il calore ma così brillanti da fendere l’oscurità... come il nostro amato Optimus squarciava le tenebre della guerra. Ma ora che la nostra luce si era spenta? In un primo momento Sam propose di consegnarsi ai Decepticon per rimediare all’errore, per pura disperazione, ma Bumblebee si sentì un cucciolo spaventato parafrasando una battuta da un videogame: «Dobbiamo restare uniti... uniti fino alla fine».
Voleva abbracciarlo, stringerlo come se fosse il suo salvagente per non morire nella tempesta. Tuttavia, Sam capì che non era saggio sacrificarsi così, vanificando tutto il sudato lavoro fatto fino a ora. Per cominciare mi chiese se sapevo qualcosa delle rune che lo avevano fatto impazzire fin dall’inizio. Ero stata nella Divisione Scientifica, ma non avevo studiato negli Archivi di Iacon, e il marchio che gli aveva lasciato Megatron era sì un glifo Cybertroniano ma di un dialetto che non conoscevo... simile a quello dei tatuaggi sul corpo di Optimus.
— Deve pur significare qualcosa... – insistette il ragazzo – Come... una mappa per una fonte di Energon. Sei in grado di decifrarla?
— È molto più antica di me, forse contemporanea all’AllSpark... ma non so dirti molto.
— Allora troviamo chi ne è capace.
— Io conosco l’uomo che fa per te.
A parlare era stato l’amico di Sam, Leo. Mi spiegò di essere il gestore di un sito di avvistamenti alieni, spesso e volentieri combattendo una spietata concorrenza con un hacker di nome “RoboWarrior”. La mia missione ora era scortare i miei alleati e rintracciare questo umano in modo che potesse risolvere un rompicapo che avrebbe potuto stravolgere gli attuali legami tra organici e sintetici.
Tornammo così in città. Una volta lì, a sorpresa scoprimmo che questo RoboWarrior in realtà era l’eccentrico agente speciale Seymour Simmons, che ora lavorava nella macelleria della madre dopo la chiusura della famigerata agenzia paranormale... la stessa che aveva catturato e rinchiuso mio figlio Bumblebee nella Diga di Hoover due anni prima. Non sapevo se essere felice o furiosa nel rivederlo, ma rivelò ai ragazzi della lingua Cybertroniana, scritta sulle più antiche opere del mondo. Egli ci suggerì di parlare con un Decepticon affinché si potesse finalmente dare un senso a quei glifi... e per nostra fortuna Mikaela ne aveva uno, un drone dello smaltimento rottami di nome Wheelie.
Non volevo chiederle com’era riuscita a catturarlo e a “ammaestrarlo”, probabilmente lo aveva sorpreso a casa sua mentre tentava di rubare il frammento dell’AllSpark appartenuto a Sam. Allora Mikaela aveva liberato Wheelie e lo convinse a parlare con le buone, chiedendogli “per favore” e facendo leva sulla dolcezza. Il Mini-Con quindi esaminò le carte di Simmons sparigliate sul tavolo del suo bunker segreto fino a che gli si illuminarono gli occhi, tanto da aprire un canale radio con me.
— Conosco questi simboli. – mi diceva – Questa è la lingua della Dinastia dei Prime.
— Fino a qui ci sono arrivata anch’io. – risposi – L’ho studiata quando lavoravo nella Divisione Scientifica, ma non sono un’esperta.
— Neanch’io ci capisco qualcosa, tesoro. Però... so chi sono questi tizi.
— Dici davvero?
— Si facevano chiamare “La Vecchia Guardia”, i più antichi degli antichi. Sono qui da migliaia di anni in cerca di qualcosa. Che cosa non lo so, nessuno mi dice mai niente. Comunque, potrebbero tradurre questi simboli per te e per i tuoi amici di carne... e io so dove trovarli.
— Ben fatto, ragazzo. Dammi le coordinate.
Quando Wheelie ci mostrò l’ubicazione dei robot in grado di risolvere il rompicapo, unendo gli indizi scoprimmo che il più vicino di essi si trovava al museo aerospaziale dello Smithsonian a Washington. Il piano era sempre lo stesso: scortare gli umani a destinazione e intervenire quando avevano trovato il Bot indicato dal nostro nuovo alleato. Lo seguimmo nell’hangar più grande dell’edificio, una volta entrati, e continuava a correre nella sua forma di macchinina radiocomandata fino al cospetto di un enorme aereo militare nero, un SR71 Blackbird.
— A-ah. Questo qui è una leggenda, come... come The Voice! – esclamò finalmente, quasi festeggiando.
— Ed è vivo? – chiese Mikaela con un leggero timore nella voce.
— Quasi. – le risposi cauta, esaminando il velivolo con lo scanner ottico – Sembra addormentato. Bloccato in stasi. Succede quando si è a corto di Energon.
Wheelie era sempre più emozionato: — Per fortuna abbiamo la nostra arma segreta... – poi, rivolto a Sam: — Ehi, matricola. Puntagli la scheggia... e guarda che magia farà!
— Sii prudente, però. – lo ammonii in tono materno – Ti ha già sconvolto la mente una volta.
Il ragazzo allora seguì il mio suggerimento e tirò fuori il frammento dell’AllSpark dal contenitore con un paio di pinzette, facendo attenzione a non toccarlo direttamente con le mani. Si avvicinò lentamente al caccia e sussultò nel momento in cui la scheggia metallica si attaccò alla fusoliera come se attratta da una calamita. Il contatto scatenò scariche di energia e scintille, sorprendendo i quattro umani; io non ne ero spaventata, neanche un po’, poiché la mia Scintilla ricordava bene quel Cybertroniano, un amico di infanzia di cui potevamo fidarci.
Non altrettanto fiduciosi, invece, furono i miei amici. Quando si resero conto che stavamo ridestando un antico Decepticon, fuggirono precipitosamente presi dal panico. Continuavo a ripetergli «Aspettate, è un amico!», ma quelli erano già dalla parte opposta dell’hangar ad assistere alla trasformazione del colosso: una bestia di quindici metri, barba e baffi spettinati e grandi occhi rossi di fuoco, purtroppo tanto arrancante da reggersi al carrello d’atterraggio che ora era diventato il suo bastone. Tutti temevano che potesse schiacciarmi – al confronto, per lui sembravo una formica – e mi mormoravano di allontanarmi da lì il prima possibile. Ma non li ascoltai.
Invece, restavo lì immobile a distanza di sicurezza mentre vedevo il poveretto zoppicare da una parte all’altra dell’hangar a borbottare da solo peggio di Ironhide: — Che razza di... indegno mausoleo è mai questo?!? Rispondetemi, civili e guerrieri... PROSTRATEVI, o patirete la mia ira infinita!
Poi però si accorse finalmente di me e il suo atteggiamento dapprima aggressivo si trasformò in quello di un nonno affettuoso: — Ariel?!? – esclamò incredulo, usando il mio vecchio soprannome – Per le chiappe di Solus Prime! Cosa ci fai qui? E diamine, come sei cresciuta! L’ultima volta che ci siamo visti, impugnavi a malapena una pistola e avevi fatto perdere la testa al ragazzo... Orion, se non erro.
A quel punto sorrisi e, anche per rincuorare l’animo dei miei amici umani, che nel frattempo si erano sbiancati in volto, commentai: — È bello rivederti vivo, vecchio mio.
— Naaah, non sono poi tanto vecchio! – borbottò ancora l’altro – Ammira la gloria eterna di... JETFIRE!
— Ehm... ragazzi? L’amico è invecchiato male...
Purtroppo, quando Jetfire si voltò per guardare in direzione della voce di Wheelie, non solo mi mise in imbarazzo urtando la testa contro le reliquie appese sul soffitto in esposizione, e quindi facendone cadere qualcuna, ma tornò ostile... e sinceramente anche un pelo disorientato.
— Voi... organismi col midollo spinale! – chiamò, puntando loro il dito contro – Vi ordino di aprire queste porte!
Vecchio e disorientato, sì. Jetfire arrancava da solo verso il portellone dell’hangar e uscì all’aperto come se fosse nel bel mezzo di una missione, e noi ovviamente lo seguimmo tanto nella sua andatura arrugginita quanto nei suoi deliri dovuti alla lunga stasi e all’improvviso risveglio. Sam e Mikaela invece mi guardavano come se fossi impazzita, chiedendosi come accidenti conoscevo quel Decepticon. Dovetti tranquillizzarli dicendo che, nonostante l’aspetto, Jetfire era innocuo e lo conoscevo dai tempi di Cybertron... e no, questo non voleva dire che fosse “il mio ex” (pessima battuta, Leo!), ma voleva dire che mi aveva cresciuto al pari di un padre o di un nonno, essendo nata dall’AllSpark e quindi senza un precettore o un guardiano.
— Calmati, Jetfire. Vogliamo solo parlare con te! – lo fermai.
— Non ho tempo per giocare con i tuoi amici di carne. – fu la risposta – Sono in missione... sono un letale mercenario portatore di dolore. Su che pianeta sono?
— Terra, nel Sistema Sol dell’Ammasso Locale.
— “Terra”? Uhm... che nome terribile per un pianeta. Potevano chiamarlo “Concime”... sì, pianeta Concime! E poi, ehm... la guerra civile Cybertroniana è ancora in corso?
— Sì... e al momento stanno vincendo i Decepticon.
Per tutta risposta il mio anziano amico sputò disgustato, poi disse: — Se questo basterà a tranquillizzare i tuoi amici... beh, io ho cambiato lato. Adesso sto con gli Autobot.
Ecco spiegata la mia insolita calma al momento della trasformazione di Jetfire, avevo già avvertito Sam e gli altri che egli in gioventù era stato il mio guardiano-precettore, ma era stato costretto a farlo di nascosto per non essere giustiziato dagli altri Decepticon per alto tradimento.
— È una scelta, figliolo. – conclusi a Sam – Una sofferta decisione personale, che parte direttamente dal profondo del tuo cuore.
— O dalla Scintilla, nel nostro caso. – confermò Jetfire – Tutta quella negatività... chi vorrebbe vivere una vita piena di odio?! Se continueranno di questo passo, distruggeranno l’universo!
Apparentemente i nostri discorsi sul tema della scelta avevano colpito anche il piccolo Wheelie, il quale strisciò sulle mie spalle farneticando di voler anche lui cambiare lato e non lavorare più per i Decepticon. Meglio così, sarebbe diventato il mio fedele Mini-Con. In quanto a Jetfire, chiesi a Sam di mostrargli il motivo del suo risveglio, come uno scambio di favori per aiutarci a vicenda.
Con un coltello, il ragazzo quindi incise sul terreno i glifi della lingua dei Prime, riempiendo uno spazio circolare tutto intorno a noi, la stessa mappa impressa vividamente nel suo cervello che Megatron e il Caduto stavano cercando.
— Il Caduto, hai detto? – lo interruppe Jetfire, esaminando i simboli – Ah, lo conosco. Mi lasciò qui ad arrugginire. Il primo Decepticon. È terribile lavorarci: parla sempre di apocalisse, caos, crisi... queste trascrizioni facevano parte della mia missione per conto del Caduto. La Punta del Pugnale, la Chiave... ora mi ricordo. Ho i booster andati... e le mie vecchie ali non possono reggere un volo intercontinentale, perciò useremo... questo!
All’improvviso dal nulla si aprì un vortice verdeazzurro proprio davanti a noi. Lo riconobbi subito: era un Ponte Spaziale, un’antica tecnologia appartenuta ai nostri antenati. Sam non ci vedeva più dallo stupore: — Figo! Per me sarebbe la prima volta, di solito prendo l’aereo.
— Per andare dove? – intervenne invece Mikaela, non così sicura di seguire il suo fidanzato.
— Più tardi vi spiegherò tutto, ma prima devo portavi tutti in Egitto. – continuò il mio vecchio amico – Ora entriamo e reggetevi forte!
Quindi feci cenno a Bumblebee, che era lì vicino, di trasformarsi e io feci altrettanto. Lui prese con sé Leo, Sam e Simmons mentre io caricai Mikaela in sella; prima di partire, però, mandai un messaggio agli Autobot rimasti alla base per rassicurarli che adesso avevo io le redini della squadra e che non dovevano preoccuparsi di me... soprattutto Jazz, sempre così sensibile alla mia incolumità in quanto luogotenente di Optimus. Lui doveva solo tenerli buoni fino al mio ritorno e io dovevo onorare la memoria del mio Comandante... no, di mio marito... svolgendo questa missione vitale.
***
CONTINUA...